La raffineria Eni di Livorno può rinascere per la produzione di biocarburante idrogenato. Al tavolo del ministero per lo Sviluppo economico, l’azienda ha confermato di non voler dismettere la storica raffineria – fondata prima della Seconda guerra mondiale – e di volerla riconvertire a bioraffineria, sul modello di Venezia. Materie prime di origine biologica – oli vegetali, grassi animali, oli da cucina usati e quelli estratti da alghe, rifiuti organici provenienti dalla raccolta differenziata e residui dell’attività forestale – sarebbero utilizzate per produrre un biodiesel di seconda generazione.
Pronti a partire, ma col sostegno del Governo
In questo senso, Eni si è dichiarata pronta, entro l’anno in corso, ad impegnarsi in un primo piccolo ma significativo investimento sull’impianto. La produzione di biocarburante Hvo, insieme alla produzione del biojet per aerei e dei lubrificanti, nelle intenzioni di Eni dovrebbero garantire un orizzonte certo alla raffineria, a partire dai livelli occupazionali.
L’azienda, tuttavia, per far partire l’operazione chiede garanzie al Governo per la sostenibilità della sua strategia, attraverso un adeguamento del regime fiscale per i biocarburanti. Infatti i biocarburanti idrogenati che Eni oggi produce vengono esportati per la quasi totalità. Da qui la richiesta di porre le condizioni per creare un mercato nazionale “adeguatamente indirizzato da chiare scelte di governo”. Un appello raccolto dalla viceministra Alessandra Todde, che si è impegnata a promuovere un incontro con tutti i ministeri interessati (Mise, Mite, Mef) e l’azienda, a cui far seguire una nuova riunione del tavolo generale.
Un nuovo progetto, senza gassificatore
Di riconversione a bioraffineria, per la ex-Stanic di Stagno, si parla dal 2019: ma non si tratta più del vecchio progetto basato sulla tecnologia Waste to Fuel per produrre biometanolo a partire dai rifiuti solidi urbani. Il progetto prevedeva l’arrivo a Livorno di 200mila tonnellate annue di scarti da trattamento di rifiuti solidi urbani, fra Css e plastiche dure non riciclabili (Plasmix), per produrre 100mila tonnellate annue di biometanolo, con la prospettiva di arrivare nel 2030 a 400mila tonnellate di scarti assorbite.
Grande sostenitore del progetto di bioraffineria fu l’allora presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, che con esso dette il colpo di grazia al progetto di termovalorizzatore della Piana fiorentina, già azzoppato dalla giustizia amministrativa. “E’ roba del secolo scorso”, disse allora, annunciando invece un accordo con Alia per il conferimento dei rifiuti (dell’Ato Toscana Centro) già trattati. L’impianto di trattamento e selezione sarebbe stato creato proprio a Case Passerini, in luogo del termovalorizzatore. Tuttavia i consigli comunali di Livorno e Collesalvetti respinsero il progetto, che prevedeva un gassificatore per convertire Css e Plasmix in syngas e poi metanolo.