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Garze, siringhe, tamponi, stent, pacemaker, pannolini, cateteri, apparecchi diagnostici: sono gli esempi di dispositivi medici che potrebbero venire a mancare negli ospedali se le aziende che li producono e li distribuiscono metteranno in atto lo stop alle forniture, ipotizzato dopo la sentenza del Tar Lazio resa nota oggi, 7 maggio. Quella sentenza ha respinto i ricorsi presentati dalle imprese contro il payback sui dispositivi medici, il meccanismo che le obbliga a ripianare la spesa del settore in caso di superamento del tetto regionale fissato per le annualità 2015-2018. In Toscana queste somme si aggirano sui 420 milioni di euro, a livello nazionale superano i due miliardi di euro.
La Corte Costituzionale nel luglio scorso aveva legittimato il payback
La decisione del Tar Lazio segue quella della Corte Costituzionale, che nel luglio scorso aveva riconosciuto il payback dispositivi medici “legittimo e non sproporzionato”. La Corte infatti ha qualificato il payback come un “contributo di solidarietà” necessario per sostenere il Servizio sanitario nazionale in una situazione economico-finanziaria critica, che impedisce a Stato e Regioni di coprire interamente le spese sanitarie con risorse pubbliche.
Le imprese: “Valuteremo lo stop alle forniture agli ospedali”
Le reazioni delle imprese alla sentenza del Tar Lazio sono dure: “In assenza di un intervento immediato del Governo saremo costretti a valutare lo stop alle forniture di dispositivi medici agli ospedali”, ha sottolineato Sveva Belviso, presidente di Fifo-Confcommercio, parlando di sforamenti dei tetti di spesa per “inefficienze imputabili alle Regioni”. “A questo punto l’unica via è politica: chiediamo la sospensione immediata dell’efficacia della norma per tutte le imprese attualmente a rischio e una soluzione strutturale e definitiva al tavolo in corso al ministero dell’Economia”, aggiune Gennaro Broya de Lucia, presidente di Conflavoro Pmi Sanità.
In crisi almeno 360 imprese di dispositivi medici
Secondo una stima di Confindustria Dispositivi Medici il payback ha messo in crisi circa il 20% delle 1.800 imprese italiane del settore, portandole vicine al fallimento, con un impatto che non si limita alla perdita di posti di lavoro ma ha ricadute gravi sulla capacità di innovazione delle aziende, con conseguenze dirette sulla qualità delle cure mediche e sull’accesso dei cittadini alle tecnologie essenziali.
In vista il ricorso al Consiglio di Stato
Ma le imprese non si danno per vinte: “Ricorreremo al Consiglio di Stato – affermano in un comunicato congiunto le associazioni Aforp, Confapi Salute, Confimi Industria Sanità, Confindustria dispositivi medici, Conflavoro Pmi Sanità, Coordinamento filiera, Fifo Confcommercio – Siamo decisamente preoccupati del futuro delle nostre aziende e siamo certi che il Governo interverrà presto, avendo già avviato un tavolo di lavoro congiunto per trovare una soluzione politica al payback”.
In Toscana il mancato pagamento del payback ha messo in difficoltà la Regione
Critiche al Governo arrivano dai consiglieri regionali del Pd Vincenzo Ceccarelli e Enrico Sostegni: “Se le minacce delle aziende di sospendere le forniture di dispositivi medici dovessero prendere forma – affermano – sarà il Governo che dovrà rispondere del grave danno alla salute dei cittadini”. L’inerzia del Governo, ricordano i consiglieri, “ha messo in grave difficoltà regioni come la Toscana che avevano messo a bilancio le risorse del payback per sostenere le proprie politiche sanitarie”. A fronte del “buco” che si è creato, il presidente regionale Eugenio Giani ha deciso di aumentare l’addizionale Irpef regionale per il 2024, aumento confermato per il 2025.
Silvia Pieraccini