Il segretario generale della Cgil Toscana Rossano Rossi.
di Rossano Rossi, segretario generale Cgil Toscana
Il 2026 sarò un anno decisivo per il lavoro, per i diritti e per il modello di sviluppo del nostro Paese e della Toscana. Arriviamo a questo appuntamento dopo un 2025 che, per la Cgil Toscana, è stato un anno di forte mobilitazione, di partecipazione democratica e di presa di parola su grandi questioni nazionali e internazionali.
Il 2025 è stato innanzitutto l’anno dei referendum Cgil per il lavoro: una straordinaria esperienza di coinvolgimento di lavoratrici e lavoratori, di cittadine e cittadini, per rimettere al centro dignità, tutele e sicurezza. È stato anche l’anno delle mobilitazioni per la pace (e per la soluzione diplomatica delle guerre, a partire dalla questione Ucraina), con una particolare attenzione al genocidio che colpisce il popolo palestinese. E infine è stato l’anno della protesta contro una manovra economica del governo che abbiamo giudicato ingiusta e sbagliata, perché scarica il peso delle scelte su lavoro, pensioni e servizi pubblici, mentre non affronta le disuguaglianze e non sostiene lo sviluppo, aumentando in maniera inaccettabile le spese militari.
Il 2026 non sarà un anno più semplice. Sarà ancora un anno segnato dai referendum: quello sulla giustizia, rispetto al quale la Cgil si schiera con chiarezza per il no, perché non risponde ai problemi reali del sistema giudiziario e rischia di indebolire principi fondamentali di uguaglianza e garanzia dei diritti. Credo che sarà un anno di mobilitazioni verso il governo, per chiedere più giustizia sociale, una redistribuzione equa della ricchezza, vere politiche industriali, politiche fiscali progressive e investimenti seri su lavoro stabile, salari e welfare.
Sarà anche, purtroppo, ancora un anno in cui dovremo mobilitarci per la pace. Quella che viene definita oggi “tregua” in Palestina non è altro che la prosecuzione dei massacri e delle ingiustizie sotto altre forme. Non possiamo accettare che la violenza diventi normalità, né che il diritto internazionale venga svuotato. La pace in Palestina, come negli altri teatri di guerra e di violenza nel mondo, resta una priorità morale e politica.
Ma il 2026 pone alla Toscana una questione specifica e urgente: il futuro della manifattura e dell’industria. I segnali che arrivano dai territori sono preoccupanti. La deindustrializzazione sta avvicinandosi a un punto di non ritorno. Interi pezzi di produzione vengono dismessi, delocalizzati o svuotati di contenuto industriale. Al loro posto avanzano la rendita, la finanziarizzazione, i fondi che guardano al breve periodo e modificano profondamente il Dna del nostro tessuto economico e sociale.
Questo processo non è neutro: produce meno lavoro stabile, meno competenze, meno innovazione e più precarietà. Senza una manifattura forte non c’è sviluppo sostenibile, non c’è buona occupazione, non c’è coesione sociale. Per questo servono politiche di contrasto nette: una politica industriale che difenda e rilanci le filiere strategiche, condizioni gli incentivi pubblici alla qualità del lavoro, sostenga la transizione ecologica e digitale senza scaricarne i costi su lavoratrici e lavoratori.
Il 2026, dunque, sarà un anno di scelte. Noi chiediamo che il lavoro torni a essere la misura di tutte le politiche. Chiediamo pace, giustizia sociale, un’economia che produca valore vero e non solo rendita. La Cgil Toscana sarà, come sempre, dalla parte di chi lavora e di chi vuole un futuro migliore per noi ma soprattutto per i nostri figli.