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08 settembre 2025

“Bisogna reindustrializzare la Toscana, oppure sarà una lenta agonia”

Buti, Casini Benvenuti e Petretto presentano il manifesto a Firenze: “C’è da fermare la terziarizzazione povera”.

Leonardo Testai
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Rimettere l’industria al centro delle politiche per la Toscana, in un quadro di efficienza, sostenibilità, sicurezza, equità: l’alternativa è “una lenta agonia”, sull’onda di una “terziarizzazione povera” che in regione si manifesta in misura più intensa rispetto al resto del paese. E’ il nodo affontato dal ‘Manifesto per la reindustrializzazione della Toscana”, stilato da tre economisti che offrono spunti di riflessione ai policymakers regionali – compresi, naturalmente, i candidati alle imminenti elezioni – per invertire la tendenza negativa: Marco Buti, titolare della cattedra Tommaso Padoa Schioppa dell’Istituto Universitario europeo di Fiesole nonché ex Dg per gli affari economici e finanziari della Commissione Ue; Stefano Casini Benvenuti, ex direttore dell’Irpet; Alessandro Petretto, professore emerito di Economia pubblica all’Università di Firenze.

“Il declino industriale – affermano gli economisti nella premessa al manifesto – non è ineluttabile, se si allunga l’orizzonte temporale delle scelte politiche. Offriamo questo Manifesto come contributo al dibattito pubblico. Il Manifesto non disegna soluzioni prête-à-porter, ma traccia i contorni delle scelte strategiche e indica delle possibili piste da seguire. Passare dal “perimetro” all’“area”, riempiendolo di contenuti è la responsabilità di chi guiderà la Toscana nei prossimi cinque anni, in un nuovo partenariato con gli attori economici e sociali per il rilancio industriale della nostra regione”.

“Basta con la crescita estensiva a bassi salari”

Se è vero che una parte importante dei successi conseguiti nel tempo dall’economia della Toscana sono legati al protagonismo dell’industria, le sue recenti difficoltà – dalla moda all’automotive, in un contesto che i dazi Usa rischiano di aggravare – sono un segnale di allarme. “Noi abbiamo qua in Toscana una crescita estensiva, con alta occupazione, bassa produttività e bassi salari – ha spiegato Buti -. Bisogna mettere in campo una serie di politiche dal punto di vista dell’istruzione, della formazione, dell’orientamento, e del risparmio per convogliare le risorse, i fattori di produzione, capitale e lavoro su attività che sono a più alto rendimento ma anche a più alto rischio”.

I numeri parlano, e la crisi del 2008 rappresenta uno spartiacque negativo: l’occupazione con alti salari, cresciuta dal 1995 fino ad allora (+7,2% nei settori capital intensive, +26,9% nei settori labour intensive), è calata nei 14 anni successivi (rispettivamente -14,7% e -3,2% nel 2022), mentre nel secondo periodo è salita quella con bassi salari (+12,8% capital intensive, +6,6% labour intensive), che rappresenta nell’insieme il 63,5% del totale contro il 59,8% del 2008. “Lavoro, salari, redistribuzione, occupazione dei giovani possono essere avviati a soluzione solo risolvendo la questione a monte della reindustrializzazione”, sostengono gli estensori del rapporto.

“Non difendere l’irrecuperabile, sì all’innovazione”

Ci si deve sforzare, secondo Buti, Casini Benvenuti e Petretto, di uscire dalla trappola di un “cattivo equilibrio”, ed evitare che “la struttura produttiva si riorienti verso attività terziarie a basso valore aggiunto”: si indica dunque come necessaria “una politica industriale non solo difensiva con l’ostinata difesa di siti industriali irrecuperabili, ma in grado di abbracciare la “distruzione creatrice”, sostenendola con politiche attive sul lavoro e con la spinta all’innovazione tecnologica che consenta la riallocazione dei fattori di produzione verso i settori d’avvenire, senza tralasciare la possibilità di riconversione di alcuni settori oggi in difficoltà, ma non senza prospettive future”.

Quattro i volani della strategia di offerta da adottare per il rilancio dell’industria in Toscana: contenere i costi – anche attraverso fonti energetiche alternative – e dare certezza ai rifornimenti; sostenere politiche di import-substitution; intervenire sulla formazione rafforzando gli Its e le altre esperienze di successo; orientare il risparmio dei toscani al sostegno degli investimenti per portare avanti il processo di infrastrutturazione della regione, per favorire la capitalizzazione delle imprese, per finanziare le start-up giovanili, mitigando la prevalenza del credito bancario con una più attiva finanza non strutturata. Poi, flessibilità fiscale per l’industria, e una regolamentazione pro-competitività.

“Serve un piano regionale di sviluppo che anticipi Italia e Ue”

Per sostenere le attività nel manufatturiero e nei servizi a più alto valore aggiunto, che si traducono in alti salari e alta produttività, attività a maggior rischio e a maggior rendimento, dopo la fine dei trasferimenti del Pnrr si dovrà puntare all’accesso a programmi che erogano fondi sulla base della qualità delle proposte. Per questo, conclude il manifesto, “è necessario un coordinamento verticale fra livello regionale, nazionale e comunitario. Un approccio a matrice che leghi fra loro obiettivi e strumenti dovrebbe essere la base di un piano regionale di sviluppo che anticipi i piani nazionali e regionali richiesti dalla Commissione europea per l’utilizzazione delle risorse del futuro bilancio multiannuale comunitario”.

Il manifesto, ha sottolineato Buti, “dà il perimetro, ma l’area deve essere disegnata e riempita dalle proposte delle associazioni degli imprenditori, dei sindacati, delle forze sociali. I corpi intermedi, il cui ruolo è assolutamente fondamentale per la tenuta del tessuto sociale, devono prendere l’iniziativa e anche, in qualche modo, imporre alla politica le proprie priorità”. Assenti dalla presentazione di Firenze i candidati a presidente della Regione Toscana, è stato l’assessore regionale Leonardo Marras a raccogliere il messaggio in una sala piena, insieme a esponenti dei sindacati, economisti, rappresentanti del mondo dell’industria. “Dobbiamo parlare di questo in campagna elettorale, non del cubo nero”, ha detto Marco Del Panta, ex segretario dell’Iue, riferendosi alla polemica sulla torre del complesso residenziale Teatro Luxury Apartments.

Confindustria esulta (e invoca un’alleanza con le istituzioni)

“Da tanto tempo l’industria preme per una reindustrializzazione ma siamo sempre sembrati corporativi”, e “queste nostre battaglie sembravano battaglie di parte”, ma “oggi finalmente tre grandi economisti ci dicono che è questa la strada da percorrere”, ha esultato Maurizio Bigazzi, presidente di Confindustria Toscana. “C’è bisogno di un’alleanza fra imprese, istituzioni, sindacati, banche – ha affermato – su un’agenda di azioni per la reindustrializzazione che contrasti i rischi che provengono dall’esterno”, dalla pandemia alla crisi energetica, alle tensioni geopolitiche, ma “che affronti anche quelli ‘interni’, generati da mentalità contrarie allo sviluppo; basate sulla convinzione errata che il nostro territorio possa fare a meno delle infrastrutture, comprese quelle ambientali ed energetiche. Il presidente Giani ha parlato di un Patto per la crescita e il lavoro. Noi ci stiamo”.

C’è un tema di passaggio generazionale da affrontare, secondo il presidente di Confindustria Toscana: “Molti ragazzi dicono, chi ce lo fa a fare di investire e rischiare?. Qui c’è uno spostarsi in quella che chiamavo la Firenzina, cioè verso lo sviluppo che non è sviluppo, ma è rendita, con cui è più facile ottenere i risultati. In questa città c’è un’evoluzione verso la rendita che è preoccupante”. Secondo Bigazzi, inoltre, “dobbiamo essere più attrattivi e capaci di trattenere i tanti investimenti che hanno fatto grande la nostra economia, con un territorio più semplice e più capace di aggiungere valore a quello prodotto dalle imprese”, e le banche, che “fanno utili incredibili”, devono sostenere l’industria: “Non sappiamo che farcene di banche ricche in un paese povero”, ha concluso.

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Leonardo Testai

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