Il settore della moda junior è in difficoltà ormai da anni e anche in Toscana – terra di importanti aziende del settore come le aretine Miniconf, focalizzata sulla fascia media (con i marchi Sarabanda e iDo), e Monnalisa, che presidia la fascia alta, e di decine di piccole e piccolissime realtà quasi-artigianali – ci si interroga su come fare a conquistare nuove quote di mercato.
In mostra le collezioni di 165 marchi per il 65% esteri
L’appuntamento del Pitti Bimbo, il salone di Pitti Immagine arrivato alla 101esima edizione, in programma il 25 e 26 giugno alla Fortezza da Basso di Firenze con 165 brand per il 65% esteri che presentano le collezioni per la primavera-estate 2026, sarà il test per capire il mercato e per provare a cercare nuove strade. Le aziende si trovano ad affrontare il calo demografico, e dunque un mercato italiano che si restringe, e devono fare i conti con i negozi indipendenti che chiudono e con lo strapotere delle catene stile Zara e H&M e della grande distribuzione. Il salone deve decidere se abbinarsi in prospettiva al Pitti Uomo (come aveva fatto nel periodo-Covid) o proseguire da solo cercando di rendere più attrattiva l’offerta allargata anche al lifestyle. Per tutti si tratta di guardare a un nuovo modello, abbandonando le strade tracciate in passato.
Fatturato in flessione del 2,1% nel 2024
Nel 2024 il fatturato dell’industria italiana della moda per bambini (0-14 anni) è sceso a 3,1 miliardi di euro (-2,1%), tornando sugli stessi livelli del 2019 pre-Covid, mentre l’export ha retto (+0,3%) a 1,5 miliardi di euro, grazie soprattutto ai grandi brand dell’adulto che realizzano anche linee junior e le distribuiscono nei canali internazionali. Sempre forte il peso dell’import (2,5 miliardi di euro nel 2024, -4%), che l’anno scorso ha mandato in rosso il saldo commerciale per 1 miliardo di euro.
Silvia Pieraccini