Annata d’oro per la castanicoltura toscana, che torna a registrare numeri da record dopo oltre un decennio. Secondo l’analisi di Coldiretti Toscana e dell’Associazione Nazionale Città del Castagno, la raccolta 2025 delle castagne segna un incremento medio del +40% rispetto allo scorso anno, grazie a un andamento climatico finalmente favorevole – così come accaduto già per il miele – e alle piogge di agosto che hanno favorito una grande fruttificazione dei castagni.
Dal Mugello alla Lunigiana, dalla montagna aretina all’Amiata, fino alla Garfagnana e all’Alta Versilia, il raccolto si presenta “bello e sano come non si vedeva da tantissimi anni” secondo la Coldiretti regionale, almeno da prima della diffusione del cinipide galligeno nel 2008 che aveva quasi azzerato la produzione regionale.
Una filiera che torna a crescere
Il 2025 segna anche il ritorno in attività di molti seccatoi tradizionali, riattivati dalle nuove generazioni di castanicoltori. “C’è un ritorno potente alla castanicoltura”, rivela Letizia Cesani, presidente di Coldiretti Toscana, spiegando che “tanti giovani e tante imprenditrici sono tornati nei boschi per recuperare e valorizzare i castagneti, molti dei quali abbandonati, trasformando quella che era una coltura legata alla sopravvivenza delle popolazioni in un volano economico, turistico, enogastronomico e sociale”.
La multifunzionalità, aggiunge Cesani, “è lo strumento che ha permesso di dare una lettura moderna al nostro settore, permettendo anche alla castanicoltura di andare oltre la sola produzione e trasformazione in farina e prodotti alimentari derivati”. Un approccio che oggi consente a aziende agricole e agriturismi di integrare la filiera produttiva con attività turistiche e didattiche, sempre più apprezzate da visitatori e famiglie.
Una stagione favorevole dopo la siccità 2024
L’associazione Città del Castagno evidenzia che la stagione è stata favorita da “una grande fioritura dei castagni in primavera seguita da una buona allegagione che ha permesso la formazione di tanti ricci”, con condizioni “ben diverse dalla siccità estiva del 2024”, che aveva compromesso la fruttificazione e provocato una caduta precoce dei frutti. Quest’anno in Toscana, oltre a un’elevata produzione di castagne, si registra anche una “scarsità di bacato e mancanza di marciume gessato (Gnomoniopsis castanea)”, fattore che incide positivamente sulla qualità del prodotto.
La Toscana si conferma una delle regioni più rappresentative per la qualità del prodotto, con cinque produzioni a denominazione di origine: tre per le castagne – Marrone del Mugello Igp, Marrone di Caprese Michelangelo Dop e Castagna del Monte Amiata Igp – e due per le farine – Farina di Neccio della Garfagnana Dop e Farina di Castagne della Lunigiana Dop. Due delle tre denominazioni italiane per la farina di castagne, inoltre, derivano da aree toscane.
La sfida della concorrenza estera (e sleale)
Nonostante la buona annata, il settore resta fragile. La concorrenza delle castagne estere, in particolare da Turchia, Grecia, Spagna e Portogallo, continua a incidere sui margini dei produttori locali. Coldiretti Toscana chiede un rafforzamento dei controlli sull’origine dei prodotti: “Difendere la castanicoltura italiana significa garantire la trasparenza per i consumatori e la sostenibilità per migliaia di aziende agricole familiari. Bisogna evitare che le castagne straniere diventino tutte, incredibilmente, tricolori una volta finite nelle cassette”.
Ancora più complessa la situazione dei prodotti trasformati: per le farine di castagne, lamenta Coldiretti, “non esiste un codice doganale specifico, e non è neppure dato sapere quante ne vengano importate”. L’assenza di tracciabilità, secondo l’associazione, alimenta una forma di concorrenza sleale che penalizza i produttori locali e rischia di vanificare gli sforzi di valorizzazione delle denominazioni d’origine. (lt)