Chi lavora 14-16 ore al giorno, senza permesso di soggiorno e senza diritti, vive intrappolato in una morsa dello sfruttamento che alimenta “una moderna forma di schiavitù”. E alimenta anche “gravi forme di concorrenza sleale nei settori confezioni, logistica, trasporti e produzione di grucce per abiti”, riconducibili a imprenditori “privi di scrupoli”, spesso inseriti in una rete criminale cinese capace di costruire un circuito economico parallelo a quello legale.
Da 30 anni Prato è la capitale dell’illegalità economica cinese
E’ per contrastare questo fenomeno, che da 30 anni assedia Prato e ne ha fatto la capitale dell’illegalità economica cinese, che la Procura guidata da Luca Tescaroli ha cercato una strada innovativa: non solo perseguire i datori di lavoro, ma stimolare le denunce dei lavoratori, dando loro in cambio tutela e assistenza. E’ quello che la legge prevede per i collaboratori di giustizia, e che ora Prato prova “artigianalmente” ad allargare, in attesa di una norma nazionale, a cinesi, pakistani, bengalesi, senegalesi o gambiani che vengono sfruttati nelle aziende perlopiù a conduzione cinese. “E’ un modello innovativo di tutela, assistenza e protezione che costituisce la base di una strategia integrata di inclusione economica, sociale e giuridica”, ha spiegato il procuratore Tescaroli presentando il protocollo sullo sfruttamento lavorativo che segna il via alla costruzione di una rete di coordinamento con Regione Toscana, Comune di Prato, Asl, associazioni e forze dell’ordine.
Il protocollo sullo sfruttamento lavorativo firmato da tutti

Tutti questi soggetti hanno firmato, oggi 15 ottobre, il protocollo messo a punto dalla Procura e si sono impegnati a dare il proprio contributo alla nascita della rete di protezione dei lavoratori sfruttati. “Siamo pronti a collaborare in ogni modo”, ha detto il presidente della Regione, Eugenio Giani. “Stiamo definendo un altro protocollo tra soggetti pubblici per mettere a disposizione alloggi e assistenza”, ha aggiunto il commissario governativo che regge il Comune di Prato, Claudio Sammartino.
La speranza di una norma nazionale
I lavoratori intenzionati a denunciare la loro condizione di sfruttamento potranno chiamare alcuni numeri di telefono dedicati (331 3660387 oppure 366 9332876) o rivolgersi alla Procura o alle forze dell’ordine, per avviare un percorso che potrà portarli all’inserimento nel “programma di protezione” e a ottenere un alloggio, assistenza e aiuto al reinserimento lavorativo. “Da febbraio a oggi sono già 129 i lavoratori stranieri che hanno deciso di collaborare”, ha spiegato Tescaroli sottolineando la possibilità – anche nel caso in cui si tratti di clandestini – di vedersi riconoscere la protezione internazionale e di ottenere il rilascio del permesso di soggiorno (il giudice è tenuto a pronunciare sentenza di non luogo a procedere per la condizione di clandestinità, che dunque non sarà punita). Ora questo sistema, avviato sulla base della ‘buona volontà’ di alcuni soggetti, si dà una cornice istituzionale. “Ci auguriamo che possa essere la premessa per una iniziativa legislativa”, conclude Tescaroli.
Silvia Pieraccini