Da sinistra: Matteo De Angelis, general manager di YHub, Massimo Brandellero, Francesca Rulli, Cristian Iobbi, soci fondatori di YHub
E’ partita da Firenze, con la società di consulenza Process Factory ideatrice del sistema 4sustainability per migliorare le performance di sostenibilità e la validazione dei dati aziendali; poi Francesca Rulli ha unito le forze con Massimo Brandellero e Cristian Iobbi, fondatori della veneta The ID Factory, dando vita alla holding YHub, leader nelle soluzioni e nelle tecnologie per la tracciabilità e la transizione sostenibile dell’industria della moda e del lusso. Come tassello finale, il gruppo ha deciso di aprire il capitale ai grandi marchi e agli operatori della moda: gli ultimi due investitori, appena annunciati, sono Giorgio Armani spa e Fondazione del Tessile Italiano.
In YHub aziende, imprenditori e innovatori della moda
Prima di loro erano entrati nel capitale di YHub Foro delle Arti, holding di Brunello Cucinelli spa; l’imprenditore Matteo Marzotto; Claudio Rovere fondatore e ceo di Holding Industriale che controlla tra l’altro il polo di terzisti della moda di lusso Holding Moda; venture fund gestiti dalla banca d’affari globale LionTree; e l’innovatore digitale Federico Marchetti, fondatore di Yoox, attraverso Mavis.
Partner strategico per la trasformazione sostenibile
“L’operazione conferma il ruolo del Gruppo nel settore a supporto di brand e filiera produttiva, rafforzando ulteriormente il posizionamento come partner strategico per la trasformazione sostenibile e consolidando un’alleanza unica per visione e soluzioni”, afferma un comunicato di YHub, il cui controllo resta nelle mani dei soci fondatori Rulli, Brandellero e Iobbi. L’operazione vede anche l’ingresso tra i soci di Matteo De Angelis, general manager del Gruppo.
Fatturato a 5,8 milioni di euro
YHub – che si presenta sul mercato col brand Ympact – ha come clienti 3.000 aziende del sistema moda che supporta nella tracciabilità delle catene di fornitura e nella misurazione degli impatti ambientali e sociali della produzione. Collabora con più di 50 brand globali mappando oltre 80mila fornitori in 22 Paesi. Nel 2024 il fatturato è stato di 5,8 milioni di euro.
Ecco perché i brand investono in una società di consulenza green
Ma perché i brand decidono di investire in una società di consulenza sulla sostenibilità? A parte il caso straordinario di Giorgio Armani – la cui controllata Giorgio Armani Operations nell’aprile 2024 era stata sottoposta ad amministrazione giudiziaria dal Tribunale di Milano per l’emersione di una catena di sfruttamento della manodopera (i capi finivano a terzisti cinesi che utilizzavano lavoratori clandestini e a nero), provvedimento poi revocato nel febbraio scorso – i motivi sono di semplificazione burocratica e efficienza.
“Nel mondo della moda ciascun brand è abituato a chiedere ai propri fornitori dati, spesso diversi da quelli chiesti dagli altri brand, sulla tracciabilità del prodotto, sulle azioni e sulle misurazioni di impatto – spiega Rulli – e tutto questo crea grande inefficienza per i produttori che, lavorando con più brand, sono costretti a rispondere a centinaia di richieste di ogni tipo. La nostra ambizione è fare in modo che la filiera si doti di un metodo condiviso, una piattaforma comune per aumentare la trasparenza e ridurre l’impatto ambientale e sociale. I brand e i terzisti che hanno investito in YHub condividono la nostra visione e possono aiutarci ad affrontare questa sfida”. Aggiunge Rulli: “Invece di rivolgerci a partner finanziari, stiamo costruendo un gruppo di imprenditori e organizzazioni, parte rilevante del sistema moda, che possono supportare questa transizione”.
La collaborazione tra brand e terzisti è fondamentale
Spiega Andrea Camerana, consigliere di amministrazione di Giorgio Armani spa: “Siamo lieti di entrare a far parte del Gruppo YHub e contribuire attivamente allo sviluppo di soluzioni innovative per la tracciabilità e sostenibilità nella moda, obiettivi irrinunciabili e raggiungibili solo attraverso una stretta collaborazione tra brand e filiera produttiva”.
Silvia Pieraccini