La notizia di una bagnante che ha avvistato, sul fondale marino a pochi metri dalla riva della spiaggia libera a Savona, un piano cottura a quattro fuochi, ha suscitato giorni addietro reazioni di ilarità oltre che di indignazione per lo “scempio ambientale”. Quello dei fornelli inabissati sarà però l’unico gas, verosimilmente, con cui dovrà fare i conti il mare savonese: almeno secondo l’interpretazione data alle parole del ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin, il quale in un evento pubblico a Campiglia Marittima ha detto che la procedura per lo spostamento a Vado Ligure del rigassificatore Italis Lng di Snam ora attivo nel porto di Piombino è “giuridicamente rallentata” ma “politicamente credo sia chiusa, perché a quel punto Bucci (presidente della Regione Liguria, ndr) mi ha detto che l’accordo elettorale prevedeva quello, non diamo più l’assenso, e come tale la cosa io ritengo che si sia fermata”.
A quel punto, ha spiegato il ministro, stante “l’impegno del vecchio governo a spostare entro tre anni” la nave, “impegno mantenuto per ragioni istituzionali”, allora “ho chiesto a Snam di fare delle valutazioni su altre soluzioni, e così ho detto ad altri operatori che stavano andando avanti sul rigassificatore in altre realtà d’Italia per un eventuale spostamento di questo, lo stanno valutando e l’hanno valutato: a sud non ci sta perché poi non c’è il tubo che viene a nord, perché il gas si consuma a nord, quindi bisogna trovare una soluzione di tipo diverso. Quale? Ci ragioniamo anche con un confronto con il territorio, prima di tutto il Comune di Piombino e la Regione Toscana”.
L’idea di una proroga allarma le istituzioni
Le parole di Pichetto Fratin sono state accolte con giubilo in Liguria, e hanno diviso la Toscana. Da una parte, le istituzioni locali: il Comune di Piombino, da sempre contrario al rigassificatore, e la Regione Toscana. A maggior ragione nell’ottica di un bis di Eugenio Giani alla presidenza, fondato su un programma di coalizione che va incontro alle istanze di Avs e M5s nel dire un chiaro no alla permanenza di Italis. “Se dipende da me il rigassificatore al termine dei tre anni va via, perché la Toscana ha dato il proprio contributo alla crisi energetica nazionale”, ha dichiarato Giani, osservando che “il governo sarà totalmente e pienamente responsabile delle scelte. Certo non troverà in me il commissario per il periodo successivo perché a quel punto la competenza torna al ministro Pichetto Fratin e sarà lui a spiegare ai cittadini”.
Sullo sfondo, la petizione lanciata dai comitati della Val di Cornia contro la permanenza del rigassificatore (e dei relativi rischi per la sicurezza, sostengono), indirizzata alla premier Giorgia Meloni e firmata anche dal sindaco Ferrari, compagno di partito della presidente del Consiglio. Con polemica del Pd locale: “Andiamo insieme a Roma a farci ricevere dalla premier”, accusa il partito, invece di “far passare l’idea che la colpevole sia la Regione”. In luglio il Consiglio regionale ha approvato una mozione che impegna la giunta ad adoperarsi nei confronti del governo per lo spostamento del rigassificatore: voto favorevole di Pd e M5s, astenuto il centrodestra. Un’analisi stilata per ItaliensPr da Giovanni Tonini, a lungo ufficiale della Marina Militare, stima in oltre 195 milioni di euro annui i costi sociali associati ai rischi portuali, e propone soluzioni offshore da collocare al largo della costa marchigiana e pugliese, e nel golfo di Policastro, con investimenti fra i 2,1 e i 3,8 miliardi di euro per ciascuno, comprensivi del costo della nave di rigassificazione.
Dall’altra parte, i soggetti economici raccolti nell’Appello per il lavoro e lo Sviluppo a Piombino interpretano le parole del ministro come l’attestazione “che non esistono destinazioni alternative”, e che dunque si andrebbe incontro a un decreto di proroga: ragione per cui si chiede al sindaco Francesco Ferrari di “farsi promotore dell’apertura di un tavolo di concertazione istituzionale” per “ottenere il riconoscimento delle compensazioni”, sia quelle previste dalla legge Marzano sia quelle del Memorandum (inapplicato). Secondo Appello, del resto, in attesa del futuro rilancio del polo siderurgico – che pure avrà bisogno di un porto in piena efficienza – la movimentazione di rinfuse liquide è ad oggi “l’unico segmento del traffico portuale che ha fornito un contributo sostanziale all’economia del porto di Piombino”.
Per una proroga della permanenza del rigassificatore a Piombino, del resto, il provvedimento legislativo ad hoc appare l’unico strumento possibile. Con il decreto 145 del 3 maggio 2023, il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica ha rilasciato l’Aia per l’esercizio del rigassificatore a Piombino per una durata pari a tre anni. L’articolo 6, comma 2 del decreto ha previsto la possibilità per il gestore di presentare, almeno sei mesi prima che scadano i tre anni di durata, la domanda di riesame con valenza di rinnovo: tuttavia, ha puntualizzato il Tar del Lazio, “tenuto conto della durata invalicabile dell’autorizzazione unica rispetto alla permanenza nel porto di Piombino, il rinnovo dell’Aia sarebbe ininfluente nella specie”.
Attività in crescita negli ultimi dodici mesi
Quanto lavora il rigassificatore di Piombino? A giugno 2025 Italis ha lavorato vicino al suo limite: 400 milioni di metri cubi di Gnl rigassificati, quasi un dodicesimo esatto dei 5 miliardi annui per cui è autorizzato. Più in basso del limite è il dato del semestre, con 2,05 miliardi di metri cubi e un incremento del 33,4% anno su anno. Anche per via di una stagione invernale più fredda, il consumo lordo di gas italiano è cresciuto del 5,6% nel semestre, lievemente sotto il dato europeo calcolato dall’Agenzia Internazionale per l’Energia (+6,5%). Ben più rilevante, in percentuale, è il trend delle esportazioni dall’Italia verso l’estero, sia pur su numeri assoluti non eclatanti: i 1,19 miliardi di metri cubi in uscita nel semestre – l’equivalente di 3-4 mesi di attività di Italis a Piombino – segnano un +347,1% anno su anno.
La strategia enunciata da tempo dal governo Meloni è infatti quella di trasformare l’Italia in un ‘hub del gas’ a livello mediterraneo ed europeo. Il checkpoint di Tarvisio, dove fino a fine 2024 arrivava ancora il gas russo, vede ora flussi in uscita verso l’Austria, che insieme – in prospettiva – alla Slovacchia rappresenta lo sbocco identificato dall’Italia per il gas in arrivo dall’Africa e dalle navi di Gnl: i due paesi, prima della svolta geopolitica dettata dalla guerra in Ucraina. contavano sulle forniture di Gazprom, che per l’Austria si sono già interrotte. Il potenziamento della capacità di rigassificazione nazionale va inquadrato in quest’ottica, oggi, più ancora che nell’urgenza della messa in sicurezza degli approvvigionamenti che portò, nel 2022, all’operazione-Piombino (e poi all’operazione-Ravenna, dove il rigassificatore è attivo dalla primavera scorsa, con capacità identica a quella di Italis).
Via libera da Roma a Gioia Tauro e Porto Empedocle
Non a caso, a dicembre del 2023 sono state definite “strategiche” e “urgenti” con una legge due infrastrutture progettate per il sud Italia: una a Gioia Tauro in Calabria, progetto di Iren con capacità da 10 miliardi di metri cubi estendibile fino a 16 miliardi all’anno – il triplo di Italis, dunque -, e Porto Empedocle in Sicilia, progetto di Enel da 8 miliardi di metri cubi all’anno. Nel migliore dei casi, impianti che potrebbero essere operativi dal 2028, e che a quel punto potrebbero beneficiare del potenziamento della dorsale adriatica di Snam, superando entro il 2027 il problema della cosiddetta “strozzatura di Sulmona” che limiterebbe i flussi di gas verso il nord, dove sono ubicati sia le imprese che rappresentano i maggiori consumatori, sia le pipeline in uscita verso l’estero. E’ il problema evocato a Campiglia da Pichetto Fratin parlando delle ipotesi di rigassificatore nel Mezzogiorno, in sostituzione di Piombino.
Al progetto politico di un’Italia hub del gas si sposa, peraltro, il progetto dell’amministrazione Usa di esportare in Europa grandi quantità di Gnl. Dopo l’intesa di Turnberry sui dazi, Eni ha annunciato a luglio un accordo con l’americana Venture Global per l’acquisto di 2 milioni di tonnellate all’anno di Gnl per 20 anni. Ma già in primavera Edison aveva stipulato un accordo ventennale con la stessa compagnia, per un milione di Gnl all’anno: il primo carico è arrivato a maggio proprio a Piombino.
In futuro calerà la domanda di gas in Europa
Tuttavia l’aspettativa dei centri studi del settore energia è che la domanda di gas in Europa, dopo il 2025-26, tenda a calare in parallelo con l’incremento degli impianti delle rinnovabili, con l’efficientamento energetico, e la crescente elettrificazione, capisaldi delle politiche Ue in questo campo. Il think tank Ember stima una riduzione del 7% della domanda nell’Unione fra il 2023 e il 2030, con un taglio più forte per l’Italia (-15%) e di oltre il 25% l’Austria: uno scenario che rischia di lasciare spiazzati i progetti per aumentare la capacità di importazione di Gnl, con una crescita prevista del 54% entro il 2030. “Qualsiasi fretta di sovradimensionare le infrastrutture del gas porterà inevitabilmente a costosi asset inutilizzati”, avverte Tomos Harrison, Electricity transition analyst di Ember.
Dal canto suo, l’istituto Ieefa – che per il 2030 stima un calo dell’import europeo del 25% – già a gennaio ha preso in esame il caso italiano: “Il consumo italiano di Gnl potrebbe essere meno di un terzo della sua capacità di importazione al 2030”, afferma, sostenendo che il programma di incentivi italiano per gli operatori del gas e del Gnl non è al passo con la realtà del mercato. “I ricavi regolamentati spingono la costruzione di infrastrutture anche se la domanda non è sufficiente a giustificarle”, ha dichiarato Ana Maria Jaller-Makarewicz, Lead Energy Analyst per l’Europa di Ieefa.
Arera teme una sovraccapacità in Italia
Dubbi che erano già stati avanzati da Arera, l’autorità nazionale per la regolazione del campo dell’energia. Presentando un report nel 2024 a Vienna, Arera sottolineava che “il Gnl è stato fondamentale per sostituire le forniture di gas russo tramite gasdotto. Tuttavia, un ulteriore sviluppo delle infrastrutture per il Gnl in un contesto di calo della domanda di gas potrebbe determinare una significativa sovraccapacità e causare un nuovo calo dei tassi di utilizzo”.
Non a caso l’autorità nel marzo di quest’anno, in riferimento al piano di Snam Rete Gas ha sospeso la valutazione sui riconoscimenti tariffari (e non espresso parere negativo) per lo spostamento di Italis da Piombino a Vado Ligure, definito antieconomico, ma ha anche valutato negativamente l’intervento ‘Potenziamento export Fase 2’, ossia il potenziamento di un tratto di gasdotto fra Emilia Romagna e Veneto, “non approvandolo ai fini tariffari sulla base degli elementi informativi ad oggi disponibili”, ossia i flussi di gas che dovrebbero essere diretti verso l’estero.
Leonardo Testai