La cantina Antinori nel Chianti Classico
Se la parola d’ordine, nel frastagliato panorama delle aziende del made in Italy (e del made in Tuscany), è “consolidare”, c’è una strada, forse un nuovo modello, che vede protagoniste le imprese e non i fondi di investimento: è questo il messaggio che Marchesi Antinori e Intesa Sanpaolo hanno voluto lanciare, con un dialogo fra l’amministratore delegato dell’azienda vitivinicola, Renzo Cotarella, e il responsabile divisione Banca dei Territori dell’istituto di credito, Stefano Barrese, su un’acquisizione già annunciata nel maggio scorso, e perfezionata immediatamente dopo. Ossia, l’operazione con cui Antinori è salita mesi fa dal 15% al 100% di Stag’s Leap Wine Cellars, prestigiosa cantina della Napa Valley in California, rilevando la quota di controllo da Ste. Michelle Wine Estates, a sua volta controllata dal fondo Sycamore Partners.
“Stag’s Leap può cambiare il futuro di Antinori”
Un’operazione che – è emerso dal dialogo – è stata supportata con un finanziamento da più di 300 milioni di euro ad opera di un pool di soggetti: Intesa Sanpaolo con 150 milioni, Cdp-Simest con una cifra analoga, più una ulteriore tranche di finanziamento accordata da Bnl. Se le modalità dell’operazione rientrano nella consuetudine, non è di tutti i giorni che sia un’azienda familiare italiana come Antinori a rilevare un’azienda straniera da un fondo di investimento. E non un’azienda da poco: una cantina iconica della Napa Valley, specializzata nella fascia alta di prodotto, con 80 milioni di dollari di fatturato 2022 realizzati con 130mila casse.
“E’ stata un’operazione complessa, impegnativa, per noi forse la più importante di tutta la nostra lunga storia”, afferma il presidente Piero Antinori, ammettendo che “c’è anche una questione di orgoglio, per più di un motivo. In un momento in cui le aziende italiane molto spesso sono considerate terra di conquista da parte di gruppi stranieri, in questo caso è stata un’azienda italiana che ha conquistato un’azienda straniera”. Cotarella si spinge oltre: Stag’s Leap “può cambiare il futuro di Antinori”, ha detto, perché “ha una storia importante, ma anche capacità di sviluppo e di sostenere la presenza di Antinori nel mercato americano. il più importante per volumi e per valore. Abbiamo messo in piedi una nostra struttura distributiva, che sul mercato Usa è un aspetto vitale: senza Stag’s Leap non avremmo avuto la massa critica per poterlo fare”.
“I fondi non creano valore per il Paese”
Da qui, dunque, l’idea di un ‘modello Antinori’ da poter replicare. “Accompagnare i fondi per operazioni di consolidamento che possono aiutare imprenditori del settore vitivinicolo per porre le condizioni per un nuovo consolidamento a distanza di tempo, perché il fondo vorrà prima o poi uscire, è uno schema valido non solo al’estero, ma può avere valore anche in Italia, dove il settore ha difficoltà nel consolidarsi”, ha spiegato Barrese, osservando che “Antinori è un ‘consolidatore’ di alta qualità”, e, auspicando che “lo facciano anche gli altri, e non siano sempre i fondi a farlo. Il fondo non entra per creare valore per il Paese, entra per creare valore in primis per se stesso. Preferisco avere soluzioni dal punto di vista societario che creino valore per il Paese”.
La resistenza – paradossalmente, ma non così tanto può venire dall’interno, più che dall’esterno. “Se prendiamo in particolare i settori dove l’aspetto familiare è particolarmente forte – sostiene Barrese -, come nell’agrifood, la vera difficoltà è valorizzare l’aspetto familiare senza perdere le sinergie derivanti dal mettersi insieme. E il tema vero è la difficoltà della famiglia di immaginare che ci possano essere schemi societari che vanno oltre, è un fatto culturale. C’è la componente tempo che può accelerare questi percorsi, e non è detto che in tutte le famiglia ci sia da parte di tutti i componenti la voglia di continuare, quindi è qualcosa che arriverà al nodo: e ha senso creare qualcosa al di sopra dell’azienda che consenta alle famiglie una governance finanziaria mantenendo le peculiarità dell’azienda”.
“Questo schema è un valore aggiunto per le famiglie”
Uno schema, quello del “modello Antinori”, che secondo il rappresentante della Banca dei Territori può funzionare in Italia, e dunque anche in Toscana dove le realtà familiari sono assai diffuse: “Le famiglie lo possono vedere come valore aggiunto rispetto a cedere l’azienda a un private equity”, ha detto, prospettando “situazioni dove le famiglie possano lavorare insieme; il fondo aggiunge un elemento dal lato dalla finanza, anche se entra come minoritario. Questo è lo schema che dovremmo assecondare come Paese”. Ma non una mera azione di tutela delle eccellenze, avverte Barrese, bensì “un affiancamento al valore internazionale delle nostre aziende, in un’ottica di mercato aperto e al tempo stesso di sviluppo dei singoli territori e dell’intero Paese”.
Leonardo Testai