Una foresta coltivata da Forever Bambù
Anche chi produce materiali sintetici alternativi alla pelle per fare borse, scarpe, copertine per agende o rivestimenti per auto, e finora si è basato essenzialmente sull’uso di prodotti chimici come i polimeri di origine fossile, sta cercando opzioni più sostenibili e circolari per rispondere alle nuove esigenze del mercato, soprattutto quelle dei grandi marchi della moda. E’ il caso della Mabel di Campi Bisenzio (Firenze), azienda che fin dal 2012 ha iniziato a sviluppare soluzioni a minor impatto ambientale, e che adesso compie un passo ulteriore in questa direzione.
Dalle canne di bambù si ricava una polvere che si mischia col poliuretano
Alla fiera Lineapelle in programma a Milano dal 20 al 22 febbraio prossimi, Mabel presenterà un materiale a base di canna di bambù adatto per scarpe e arredo. Il risultato è frutto della collaborazione con la società benefit lombarda Forever Bambù, che oggi coltiva 137 ettari di bambù gigante in quattro regioni italiane (Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna e Toscana), grazie a 32 milioni di euro raccolti attraverso il crowdfunding. Le canne di bambù, che in vita sono un formidabile assorbente di anidride carbonica, una volta cresciute vengono tagliate, essiccate, polverizzate fino a 200 micron: la polvere è utilizzata da Mabel per “alleggerire” la parte chimica dei materiali da produrre, in un mix che per adesso contiene circa tre quarti di poliuretano e un quarto di bambù.
La sfida è sostituire le fibre tessili con fibre di bambù italiano
A questo mix viene poi aggiunto un supporto in tessuto, oggi proveniente da riciclo di fibre tessili; se in futuro si riuscirà a sostituirle con fibre di bambù coltivato in Italia, questa pianta – che nel Belpaese si è cominciata a diffondere una decina d’anni fa – potrà rappresentare fino al 75% delle materie prime totali. L’ultimo tassello – a cui Mabel sta lavorando con l’Università di Zagabria – potrebbe essere la sostituzione dei polimeri di origine fossile con polimeri di origine biologica, così da creare un prodotto completamente sostenibile.
Un prodotto che si rivolge al mercato del lusso
“Alcuni clienti non vogliono usare la pelle – spiega Umberto Bacenetti, ceo e contitolare di Mabel, 9 milioni di fatturato 2023 per il 70% all’export e 46 addetti – ma non vogliono neppure i materiali cinesi alternativi alla pelle, che sono di qualità scadente. Ora grazie al bambù siamo riusciti a realizzare un materiale morbido, resistente, a lunga durata, frutto di una filiera made in Italy, che proporremo ai nostri clienti del settore lusso, visto che noi non serviamo il mercato del fast fashion”. Il materiale a base di bambù firmato Mabel costa circa il 20-25% in più rispetto ai “vecchi” prodotti alternativi alla pelle. “Le proprietà di assorbimento della Co2 che ha questa pianta, e le caratteristiche tecniche e di durabilità dei materiali che se ne ricavano – spiega Mauro Lajo, ad di Forever Bambù – danno un risultato straordinario anche in termini di circolarità“.
La collezione Uppeal comprende anche prodotti a base di scarti delle mele
La produzione a base di bambù si aggiunge a quella a base di scarti di mela (quel che resta dopo aver fatto il succo: bucce, torsolo, semi, polpa) essiccati e polverizzati, che Mabel ha utilizzato negli ultimi anni, incontrando l’apprezzamento del mercato: Stella McCartney l’ha scelta per la sua iconica borsa Falabella. “Negli ultimi due anni il materiale fatto con le mele, usato per borse e scarpe, ha rappresentato il 30% del nostro business – spiega Bacenetti -. Siamo stati i primi a creare un prodotto alternativo alla pelle che fosse più sostenibile, i primi a farlo riutilizzando uno scarto, e ora andiamo avanti su questa strada col bambù made in Italy. Il progetto di Forever Bambù ci è piaciuto molto proprio perché è tutto italiano”. Sia il materiale a base di mele che quello a base di bambù fanno parte di una linea che Mabel ha battezzato Uppeal, parola che ricorda l’upcycling (il riuso) ma che si pronuncia come appeal (attrazione).
Silvia Pieraccini