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Industria

23 febbraio 2024

Lucca-Pistoia-Prato, l’industria chiude il 2023 a -2,1%

Per il Centro studi di Confindustria Toscana Nord il 4/o trimestre si è chiuso con un -3,4%, il dato peggiore dell’anno.

Impresa tessile

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Si chiude col segno meno il 2023 poco brillante dell’industria nelle province di Lucca, Pistoia e Prato: dalle rilevazioni del Centro studi di Confindustria Toscana Nord emerge che il 4/o trimestre dell’anno si è chiuso a -3,4% rispetto allo stesso periodo del 2022, portando la media d’anno al -2,1%. E’ la prestazione più bassa nella successione dei trimestri 2023, che hanno registrato rispettivamente +0,3%, -2,3%, -2,9% e appunto -3,4% per quanto riguarda la produzione complessiva dell’industria. Se sui dodici mesi Pistoia e Lucca contengono le perdite (rispettivamente -0,8% e -1,2%), Prato segna un più pesante -4,8%.

“Il 2024 è iniziato con una cauta fiducia – sottolinea il presidente di Confindustria Toscana Nord Daniele Matteini -, nonostante i problemi legati agli alti tassi di interesse, a un’inflazione ancora elevata, a costi energetici che rimangono troppo alti e ad aumenti dei prezzi di voci cruciali per l’economia quali il petrolio e i trasporti marittimi. Le previsioni delle imprese, a livello sia nazionale che della nostra area, sono generalmente positive, sebbene in misura modesta e concentrate soprattutto sulla seconda parte dell’anno, che dovrebbe consentire maggiori opportunità per gli investimenti e flussi di credito di nuovo positivi a seguito della riduzione dei tassi che si sta profilando. Sul piano delle previsioni, del resto, sarebbe difficile attendersi qualcosa di diverso dalla cautela, date le numerose incognite che abbiamo davanti, soprattutto dal punto di vista internazionale”.

Secondo Matteini c’è bisogno di “una spallata, che nell’immediato potrà venire anche da un utilizzo efficace delle risorse Pnrr e in prospettiva da politiche all’insegna della concretezza e del realismo, che favoriscano la competitività e gli investimenti delle nostre imprese. Citavo prima i costi energetici, ora non più fuori controllo ma comunque rimasti elevati: il grave è che si è allargato il gap fra Italia da un lato e concorrenti europei come Germania, Francia e Spagna dall’altro, per tacere di paesi extraeuropei. Alcune nazioni europee hanno fatto di più dell’Italia per contenere la bolletta energetica del loro sistema industriale: un esempio, questo, di come politiche industriali avvedute possano incidere sulla competitività delle imprese”. (lt)

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