La bioraffineria Eni di Gela, definita dall'azienda "la più innovativa d'Europa"
Uno dei più grandi investimenti in corso in Toscana, la riconversione da 600 milioni di euro della storica raffineria Eni di Livorno (che produceva benzine, gasoli e oli lubrificanti) in bioraffineria che produrrà, a partire dal 2027, diesel biologico, ha ora la fonte di finanziamento.
Un contratto di finanziamento della durata di 15 anni
Eni ha firmato oggi, 24 luglio, con Bei, la Banca europea per gli investimenti, un contratto di finanziamento da 500 milioni di euro della durata di 15 anni per sostenere la conversione della raffineria di Livorno. A firmare sono stati la vicepresidente della Banca europea per gli investimenti, Gelsomina Vigliotti, e l’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi. I lavori sono iniziati, dopo che nell’ottobre scorso era stata posta la prima pietra, seguita in novembre dal rilascio dell’autorizzazione unica da parte del ministero dell’Ambiente e poi dal permesso a costruire.
Un biodiesel da utilizzare in purezza
Il biocarburante che sarà prodotto a Livorno – 500mila tonnellate all’anno è la previsione – si chiama Hvo (hydrogenated vegetable oil) e, esattamente come quello che già si produce nelle bioraffinerie Eni di Venezia e di Gela, potrà essere utilizzato in purezza (in Italia ci sono già 1.200 stazioni di servizio che lo erogano), grazie al fatto di essere depurato dall’ossigeno e addizionato con idrogeno. Questo biodiesel, secondo Eni, riduce le emissioni di anidride carbonica in atmosfera dal 65 al 90% rispetto al suo gemello di origine fossile, dando dunque un forte contributo alla decarbonizzazione dei trasporti. Anche la nuova bioraffineria, secondo quanto spiegato da Eni, avrà emissioni in atmosfera inferiori a quelle attuali.
Eni si è impegnata a reimpiegare tutti gli addetti della vecchia raffineria
La tecnologia utilizzata sarà quella di proprietà Eni che si chiama Ecofining, diretta a trasformare diversi tipi di cariche rinnovabili in biocarburanti di elevata qualità. La nuova bioraffineria, che sarà alimentata da oli vegetali provenienti dalle piantagioni che Eni sta sviluppando in Africa e da grassi animali e oli di scarto delle raccolte domestiche, avrà un impianto di pre-trattamento delle cariche biogeniche e un impianto per la produzione di idrogeno e, durante la fase di cantiere, darà lavoro a un migliaio di persone. La garanzia data da Eni è di reimpiegare tutti gli addetti della vecchia raffineria (che rimarrà solo un hub di distribuzione di carburanti importati), cioè 400 diretti più l’indotto che fa salire il numero a circa un migliaio.
Silvia Pieraccini