La Toscana deve tornare a essere una regione industriale capace di produrre valore e lavoro qualificato. E’ questo, in sintesi, il messaggio rilanciato dall’economista Marco Buti, che insieme a Stefano Casini Benvenuti e Alessandro Petretto ha firmato poco più di un mese fa il manifesto per la reindustrializzazione della Toscana. Buti ne ha riparlato con la stampa in occasione di un incontro alla Camera di commercio di Firenze, l’ultimo della serie dei ‘Colloqui dell’Economia’.
“Abbiamo pubblicato il manifesto certamente per avere un impatto anche sul dibattito in campagna elettorale, ma abbiamo guardato ben più avanti di queste poche settimane”, ha spiegato l’economista, rispondendo a chi gli chiedeva se avesse visto accogliere da parte dei candidati alla presidenza della Regione Toscana alcune delle indicazioni del manifesto. L’obiettivo, ha aggiunto, è che “immediatamente dopo le elezioni le nuove autorità regionali riprendano gli input, lo stimolo che noi abbiamo cercato di dare, e lo inquadrino in un progetto di sviluppo della Toscana”. Un progetto, secondo l’economista, che dovrà essere collegato al futuro piano nazionale che il governo presenterà per il bilancio europeo: “I fondi del bilancio europeo nei prossimi anni saranno allocati secondo le proposte dei paesi. Quindi la Toscana può giocare un ruolo di avanguardia per indirizzare anche le scelte nazionali”.
“Occupazione spostata verso settori a bassa produttività”
Nel tracciare un bilancio degli ultimi vent’anni, Buti ha messo in luce come “in Toscana abbiamo riallocato l’occupazione, da settori ad alta produttività e alti salari, a settori a bassa produttività e a bassi salari”. Una tendenza che, secondo l’economista, impone alla futura giunta regionale di “affrontare i problemi strutturali in modo sistemico”.
Con il manifesto, ha ricordato l’economista, “abbiamo offerto una diagnosi, abbiamo offerto il perimetro. Il nuovo presidente della Regione dovrà riempirlo di contenuti”. Un passaggio, quello sulla produttività, che si lega anche a un quadro nazionale non privo di preoccupazioni. “Nel mercato del lavoro la Toscana – come l’Italia e a differenza di gran parte del resto dell’Europa – soffre quello che viene definito ‘equilibrio cattivo’”, ha osservato Buti, spiegando che “a salari alti corrisponde alta produttività e i numeri di questa equazione crescono in Europa più che in Italia. Ma il fatto più grave è che l’equazione salari bassi-bassa produttività, mentre cala a livello europeo, in Italia e in Toscana cresce”. (lt)