Un rapporto continuo fra produzione e formazione, per rafforzare e rilanciare quel ‘modello Firenze’ che ha fatto la fortuna del sistema moda territoriale: è il messaggio per l’economia dell’area metropolitana che si irradia dalla Sala Bianca di Palazzo Pitti, location di Future for Fashion 2024, l’iniziativa organizzata da Confindustria Toscana Centro e Costa e dal Centro di Firenze per la Moda Italiana, col supporto di Intesa Sanpaolo in qualità di main sponsor e la collaborazione del Polimoda.
“C’è bisogno di politica industriale”
“Il 2023 non è stato un anno facile” per il sistema moda della Toscana, ha ammesso Maurizio Bigazzi, presidente di Confindustria Toscana Centro e Costa, secodo cui questo “lo si è visto anche dai numeri degli scambi internazionali, -9% le esportazioni toscane della moda verso il mondo, e dai dati della produzione del settore, che mediamente flette più della media complessiva dell’industria”. Tuttavia, ha ribattuto Bigazzi, “le energie imprenditoriali ci sono. Ma soprattutto c’è la forza di un settore che in Toscana rappresenta il 24% degli addetti di tutto il sistema moda italiano: 15mila imprese che danno lavoro a oltre 100 mila persone. Un quarto del valore aggiunto prodotto dal comparto a livello nazionale proviene dalla Toscana. E vendiamo all’estero prodotti moda per circa 14 miliardi. Per alcuni settori, come la pelletteria, il 40% dell’export parte dalla Toscana. Sono numeri che ci fanno capire la capacità manifatturiera che possiamo mettere in campo”.
La due giorni di Future for Fashion a Firenze, per Bigazzi, rappresenta “un tassello importante della strategia di reazione e di rilancio che abbiamo messo in campo insieme alle nostre aziende del settore. Mi riferisco, ad esempio, al Patto di sistema fra imprese e sindacati per minimizzare gli impatti sulla filiera della pelletteria, causati dal rallentamento congiunturale. Un patto che vuole portare avanti progetti per preservare il saper fare e l’eccellenza che contraddistinguono la nostra pelletteria”. Dunque, in questa fase “abbiamo bisogno di un sistema-Paese che sappia interfacciare l’innovazione continua delle aziende”, ha aggiunto Bigazzi, ricordando che “aprendo l’ultimo Pitti Uomo il ministro Urso aveva detto che il 2024 dovrà essere l’anno delle politiche industriali sul made in Italy. Rilancio e rafforzo la sua proposta. Ci aspetta un periodo impegnativo e sfidante. E mai come ora c’è bisogno di politica industriale per non restare impantanati nel presente e progettare il futuro”.
“Formazione e produzione per vincere la sfida”
“A Firenze abbiamo una buona esperienza nel rapporto tra formazione e produzione, e dobbiamo insistere su questo modello, altrimenti rischiamo di perdere la grande sfida competitiva con i grandi colossi della moda che vengono da altri paesi”, ha affermato a sua volta Dario Nardella, sindaco di Firenze, che aprendo Future for Fashion ha insistito sul concetto di “un distretto della formazione”, perché “ci sono pochi settori di eccellenza e di qualità come la moda, nei quali l’aspetto formativo è fondamentale, quindi dalla scuola dell’obbligo fino alle scuole di specializzazioni, dai centri di formazione professionale al sistema degli stage, è fondamentale che questo sistema di formazione garantisca all’industria della moda dei livelli di professionalità altissimi, non soltanto per il mondo della comunicazione e del marketing, ma anche in quello della creazione del prodotto e anche quello manageriale”.
Stefania Lazzaroni, direttrice generale di Altagamma, ha ricordato le potenzialità del progetto ‘Adotta una scuola’: “I marchi hanno adottato 33 scuole – ha detto -, e sono 2.500 i ragazzi coinvolti nel progetto. La visibilità che i marchi, che sono delle icone estremamente amate dai giovani, offrono a questo messaggio è veramente unica. Quindi io ringrazio tutti i 33 marchi di Altagamma, ma non solo, che si sono uniti insieme anche a Lineapelle per dare questo messaggio: dobbiamo veramente avvicinare i ragazzi e spiegare anche che si lavora con le mani, ma non solo, perché i visual designer che lavorano con gli strumenti digitali lavorano con le mani in modo artigianale, ma usando tutte le tecnologie, e quindi in qualche modo anche questo messaggio va trasmesso. Sarebbe anche bello che tutti insieme creassimo una campagna a livello nazionale o europeo: l’Italia è il paese manifatturiero per eccellenza, ma una campagna sull’intelligenza artigianale sarebbe veramente interessante”.
“Facciamo innamorare i giovani (e paghiamoli di più)”
Più in generale, secondo Antonio De Matteis, amministratore delegato di Kiton e presidente di Pitti Immagine, “dobbiamo tornare a parlare di prodotto, di formazione”, per “far innamorare i giovani del prodotto, perché se loro si innamorano del prodotto in automatico ci saranno degli artigiani e dei giovani che si appassioneranno a realizzarlo”. Dunque “bisogna far innamorare i giovani di una maglia – ha detto -, di una giacca, di una cravatta, di una camicia: non solo dello stile, perché oggi tutti vogliono fare gli stilisti e il marketing, ma pochissimi vogliono aprire una bottega, e ci dobbiamo domandare perché. Quando io ero giovane c’erano tanti giovani che volevano aprire un negozio di abbigliamento”.
In tema di giovani, ha spiegato De Matteis, “per quanto riguarda la nostra azienda noi abbiamo una scuola di formazione: i ragazzi hanno un piccolo salario, hanno un rimborso spese per arrivare ad Arzano. Per quanto riguarda i salari, credo che la nostra azienda in Italia sia tra le aziende che paga i salari più alti: abbiamo un costo medio di 45mila euro ad addetto. Il costo medio nazionale va dai 23mila ai 27mila euro, quindi per quanto mi riguarda mi sento abbastanza a posto con la coscienza. Se gli altri devono aumentare? Credo di sì, credo proprio di sì”.
Leonardo Testai