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12 giugno 2025

S&P avverte: il rischio idrico minaccia la crescita (e i bilanci della Regione)

Un report di S&P pone la Toscana nella fascia alta insieme a tutto il centro-sud: pesa il livello di dispersione dell’acqua.

Leonardo Testai

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Il rischio idrico della Toscana è significativo, vicino a quello delle regioni del sud Italia, e in prospettiva potrebbe pesare sulla crescita economica, ma anche su conti e rating della Regione: è quanto si evince dall’analisi effettuata da S&P Global Rating sul possibile impatto della carenza di acqua in Italia e in Spagna, a causa dei cambiamenti climatici, dell’aumento della pressione turistica, dell’alto tasso di utilizzo d’acqua per attività economiche, e del fenomeno di dispersione dell’acqua. Un fenomeno, quest’ultimo, che a livello regionale si prova a combattere anche attraverso gli investimenti sulla rete sostenuti dalle risorse del Pnrr: quasi 300 milioni di euro, di cui 170 destinati nello specifico a interventi di riduzione delle perdite idriche.

“Lo stress idrico può compromettere i profili di credito delle amministrazioni regionali e locali – si legge nel report – riducendo l’attività economica e aumentando le pressioni sul bilancio. Le regioni che dipendono dall’agricoltura e dal turismo o che hanno industrie ad alta intensità idrica corrono il rischio che l’aumento dei costi dei fattori produttivi eroda la loro competitività economica. Le regioni con i livelli più elevati di stress idrico dovranno investire nelle reti di stoccaggio e distribuzione dell’acqua per evitare perdite e aumentare la capacità di stoccaggio”.

Il nord rischia di meno (e S&P ha una tesi economica)

Il Water Stress Index elaborato da S&P Global Rating vede una netta divaricazione fra regioni italiane del nord e del centro-sud: nel Mezzogiorno i livelli più alti di rischio vanno in parallelo alla quota più alta di perdite idriche. L’indice rileva quindi il rischio maggiore per Basilicata e Puglia (100). La Toscana (indice 83, con perdite calcolate dai ricercatori al 41%) presenta un rischio idrico inferiore rispetto alle altre regioni del centro Italia (Lazio e Umbria 99, Marche 90), ma nettamente superiore alla media italiana (56), e alle regioni del nord, tutte entro il valore di 30 eccezion fatta per l’Emilia Romagna (49).

“Un fattore critico di questa disparità – si legge nel report – risiede nelle strutture di gestione delle reti idriche. Al nord, la distribuzione dell’acqua tende a essere più centralizzata e spesso affidata a operatori privati, consentendo economie di scala, maggiore capacità di investimento e migliore efficienza. Al contrario, il sud Italia opera attraverso un sistema frammentato e fortemente localizzato. Le autorità locali e i piccoli comuni gestiscono i propri sistemi idrici e tendono a sottoinvestire rispetto agli operatori più grandi e centralizzati, sia pubblici che privati. Dal punto di vista finanziario, queste inefficienze si traducono in costi più elevati per i consumatori, in quanto gli operatori locali, tipicamente più piccoli, devono sostenere costi aggiuntivi per la manutenzione della rete, non potendo beneficiare di economie di scala”.

Toscana sprecona: nel 2026 sei gestori sopra il 30% di perdite

Gli ultimi dati disponibili sulla dispersione idrica in Toscana, contenuti nella relazione Ait relativa al 2023, vedono dati ancora lontani dalla soglia ottimale del 25% (poi abbassata al 20% da Arera) per molti gestori, sebbene in miglioramento. Solo per Geal, il gestore che serve il comune di Lucca, si registra un regresso (da 28,65% a 31,21% in un anno). Il dato più alto è quello di Gaia (52,88%), che copre le aree di Massa Carrara, Lucca, Pistoia e le zone di Versilia, Garfagnana e Lunigiana. Segue Asa (41,77%), che copre l’Ato Toscana Costa, comprendente 33 comuni delle province di Livorno, Pisa e Siena.

C’è poi Publiacqua (39,34%), la cui gestione copre 46 comuni della Toscana centrale fra Firenze, Prato, Pistoia e Arezzo. Seguono Acquedotto del Fiora, gestore del servizio idrico in 55 comuni fra Grosseto e Siena (36,20%), e Acque Spa (35,45%) che gestisce il servizio in 55 comuni del Basso Valdarno fra Pisa, Firenze, Siena, Pistoia e Lucca. Il gestore più virtuoso dal punto di vista delle perdite idriche, unico in Toscana sotto la soglia del 25%, è Nuove Acque (21,33%), attivo in 35 comuni nelle province di Arezzo e Siena. Tuttavia il 2024, secondo l’Autorità idrica toscana, vede un miglioramento del dato medio delle perdite, che a livello regionale si assesterebbe ora sul 39,6%.

La carenza idrica può mettere a rischio la crescita

Tra i fattori di rischio individuati da S&P c’è anche l’intensità di utilizzo delle risorse idriche per le attività non domestiche, dunque le attività delle imprese: la Toscana è all’ultimo posto con 483 metri cubi per milione di euro di Pil, contro i 527 mc della Lombardia, i 780 mc del Veneto, e i 547 mc dell’Emilia Romagna. “Le Regioni che usano più acqua per le attività imprenditoriali – ha dichiarato Riccardo Bellesia, coautore del report, a Il Sole 24 Ore – possono avere un canale di trasmissione della crisi idrica sui conti locali più elevata rispetto ad altre. Va però riconosciuto che dal 2019 gli investimenti nel settore idrico sono aumentati grazie anche alla spinta del Pnrr, che ha messo in campo oltre 4 miliardi. Dovrebbe aiutare a mobilitare gli investimenti che necessitano soprattutto nelle aree con un indice Water Stress elevato e infrastrutture obsolete”.

In generale, gli investimenti per migliorare la rete idrica e renderla più efficiente, a giudizio di S&P, “richiederanno sforzi finanziari sostenuti che potrebbero mettere sotto pressione i bilanci delle amministrazioni locali e regionali in entrambi i Paesi. L’impatto effettivo sui bilanci, sull’indebitamento e, in ultima analisi, sull’affidabilità creditizia delle amministrazioni dipenderà dalla disponibilità di finanziamenti da parte del governo centrale e dell’Ue e dalla misura in cui tali finanziamenti copriranno i costi. D’altro canto, l’incapacità di affrontare le sfide a causa di investimenti insufficienti potrebbe anche danneggiare l’affidabilità creditizia delle amministrazioni locali e regionali nel medio termine. La carenza idrica cronica può deprimere il potenziale di crescita economica”.

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