Con il voto favorevole di Partito democratico, Italia viva e Gruppo misto-Alleanza verdi e sinistra, contrari Fratelli d’Italia e Lega, il Consiglio regionale della Toscana ha approvato a maggioranza la nuova legge sulle cave che ha unificato due distinte proposte di legge di iniziativa della Giunta regionale, che apportano modifiche alla legge 35/2015 di disciplina delle attività estrattive e alla legge 69/2011 istitutiva dell’Autorità Idrica Toscana.
Ecco cosa prevede il nuovo testo
“L’accorpamento è stato deciso dalle commissioni considerando l’opportunità di ricondurre in un contesto due modifiche alla medesima legge, ancorché disciplinanti aspetti diversi. La prima proposta di modifica assegnata, rinvenibile nel capo due del testo unificato, introduce disposizioni a tutela delle acque, al fine di rendere più sostenibili gli impatti delle attività estrattive”, spiega la presidente della commissione ambiente e territorio del Consiglio regionale toscano, Lucia De Robertis. “Sulla base del principio ‘chi inquina paga’, la proposta di legge vincola una quota del ricavato dalle tasse di concessione per l’estrazione alla copertura delle spese sostenute per i maggiori oneri che sopportano i gestori del Servizi Idrico Integrato per l’attività di potabilizzazione. Vengono inoltre precisati meglio i contenuti prescrittivi a tutela dell’ambiente da inserire negli atti autorizzativi dell’attività estrattiva”.
La seconda proposta di modifica “riguarda lo svolgimento di attività estrattiva autorizzata nei comprensori che abbiano già superato, per volumi di escavazione autorizzati antecedentemente all’adozione del Piano regionale cave, gli obiettivi di produzione sostenibile. Essa riprende in legge una previsione contenuta nel piano medesimo prevedendo la possibilità che, nei medesimi giacimenti e coi medesimi limiti di volumi escavabili riconosciuti nell’autorizzazione rilasciata prima dell’adozione del piano, sia possibile, adeguando gli strumenti pianificatori ed urbanistici comunali, individuare una nuova area estrattiva”.
“Nel corso dei lavori delle commissioni” spiega la presidente della commissione ambiente e territorio del Consiglio regionale toscano, Lucia De Robertis sono stati presentati dal Partito democratico alcuni emendamenti e si tratta di quelli “relativi all’estensione dell’obbligo della lavorazione in loco del cinquanta per cento del materiale lapideo ornamentale escavato”.
Il primo emendamento introduce una correzione materiale; il secondo semplifica disposizioni introdotte relative all’autorizzazione esercizio attività estrattive nei siti in cui non sono presenti beni appartenenti al patrimonio indisponibile del Comune, in cui si prevede un piano di utilizzo dei materiali che attesti l’impegno ad avvalersi del sistema produttivo locale per la lavorazione di almeno il 50% del materiale da taglio complessivamente estratto; l’autorizzazione contiene le prescrizioni per assicurare il rispetto dell’impegno previsto. “Il terzo emendamento” spiega ancora la presidente “differisce di 10 anni l’efficacia per i siti estrattivi in cui non sono presenti beni appartenenti al patrimonio indisponibile del Comune e quelli in cui il patrimonio del Comune non è prevalente, “al fine di consentire tempo congruo adeguamento modalità alle nuove previsione e favorire transizione graduale”.
La posizioni politiche
Il capogruppo del Partito democratico Vincenzo Ceccarelli sottolinea le finalità: “La filiera corta ha l’obiettivo di aumentare la lavorazione in loco. Ci siamo posti l’obiettivo di ricreare omogeneità di trattamento. Il combinato disposto Piano paesaggistico e legge 35 hanno creato spinta verso la tutela ambiente e la lavorazione in loco. Gli emendamenti, nel lungo iter di costruzione della legge, seguono questa ratio, perché fossero fatte salve le convenzioni. Non facciamo favori alle imprese. Il posticipo permette di dare il tempo per adeguarsi. Vedremo se questa legge resisterà ai dubbi di costituzionalità”.
Il portavoce dell’opposizione Alessandro Capecchi (Fratelli d’Italia): “gli emendamenti pongono alcuni problemi: il primo è politico, l’imposizione del 50% per la filiera locale era oggetto di una proposta di legge poi ritirata e ricompare adesso. Imporre il vincolo e obbligare un’attività economica a veicolare in questo modo la propria attività, secondo noi va fortemente in contrasto con il principio della libera concorrenza. C’è anche un problema di sostenibilità, il sistema locale non sarebbe certamente in grado di prendere in carico il 50%”.
Maurizio Sguanci (Italia viva): “India e Cina sono i maggiori importatori del nostro marmo insieme agli Emirati Arabi. Giusto domandarsi se il rischio di costi più alti possa avere un impatto su quei mercati”.
Massimiliano Baldini (Lega) solleva “dubbi di ordine giuridico con riferimento alla questione della filiera al 50%: dubbi di violazione degli articoli 3, 41 e 117 della Costituzione, per disparità di trattamento e libera concorrenza. L’area apuo-versiliese risente di un approccio dovuto a questioni di ordine politico, le attività e le imprese risentono di un’aggressione politica da parte delle aree ambientaliste”.
Il presidente della commissione Sviluppo economico e rurale, Gianni Anselmi (Pd) rileva che “o si pone una questione formale, oppure si affrontano gli emendamenti per quello che sono. Riguardano una procedura di rispetto alla filiera. Esprimiamo una visione di politica industriale”. (redtm)