Una veduta aerea di Santa Fiora (Grosseto)
Il dibattito esploso improvvisamente sul nuovo Piano strategico delle aree interne varato dal governo, piano che in alcune parti sembrerebbe mostrare – ma non è questa, in realtà, la linea programmatica enunciata da Roma – una volontà di arrendersi di fronte allo spopolamento di un importante numero di territori, arriva anche in Toscana. Ali, l’associazione delle autonomie locali (di tendenza progressista), attacca il governo chiedendo un fondo pluriennale, una legge quadro, e un sistema di governance “in cui gli enti locali possano finalmente contare davvero”, dice il presidente regionale Andrea Marrucci. Il tutto, mentre il rapporto Toscana 2050 voluto dal presidente del Consiglio regionale Antonio Mazzeo pone come sfida primaria “decongestionare le aree maggiormente popolate” e “rianimare i territori meno abitati o in via di abbandono”.
Un pezzo importante di territorio regionale
Secondo il rapporto Irpet dedicato del 2023, in Toscana le aree interne periferiche ed ultraperiferiche – oggetto della strategia nazionale del governo e dei relativi finanziamenti – contano 97 comuni, il 35,5% del totale regionale, con il 37,9% dell’estensione territoriale, e il 10,6% della popolazione, più di 380mila abitanti. Si tratta di Lunigiana – Garfagnana – Media Valle – Appennino Pistoiese (36 Comuni per 107mila abitanti); Valdarno – Valdisieve – Mugello – Valbisenzio (14 Comuni, 92mila abitanti); Casentino – Valtiberina (17 comuni, 62mila abitanti); Alta Valdera – Alta Valdicecina – Colline Metallifere – Valdimerse (19 comuni, 62mila abitanti); Amiata Valdorcia – Amiata Grossetana – Colline del Fiora (19 Comuni, 60mila abitanti); Valdichiana Senese (10 Comuni, 59mila abitanti).
A beneficio di queste aree sono previste risorse nazionali per l’adeguamento dei servizi di cittadinanza (istruzione, sanità, trasporto), risorse dedicate del Fesr, risorse provenienti da altri obiettivi di policy e da altri fondi (Fse+, Feasr, Feamp, Fsc), altre risorse di fonte nazionale (Pnrr) e locale. E se a queste aree si aggiungono i territori intermedi come il Valdarno aretino attorno a Montevarchi, il Chianti, la Valdelsa, la costa meridionale e le isole, i numeri crescono sensibilmente: il 60,1% dei comuni, il 66,5% dell’estensione, il 24,1% della popolazione, e il 17% del valore aggiunto complessivo, di cui circa la metà prodotto dal solo gruppo dei territori intermedi.
Spopolamento irreversibile per le aree interne? Il caso Psnai
Perché le aree interne sono tornate al centro del dibattito nazionale? Il nuovo Piano strategico del governo, di per sé, non contiene discontinuità eclatanti. Ma la parte dedicata all’analisi delle dinamiche demografiche e socio-economiche dei territori contiene due studi, uno del Cnel e uno del Censis, che hanno fatto tremare i polsi alle istituzioni locali dell’estrema periferia. Concentrandosi sulla dinamica demografica, infatti, i ricercatori distinguono fra quattro tipologie di obiettivi: e per le aree interne comprese nell’Obiettivo 4 (popolazione scarsa e in forte declino, pochi giovani, basse prospettive di sviluppo economico) invita ad azioni non di rilancio dello sviluppo, ma di “accompagnamento in un percorso di spopolamento irreversibile”.
Lo studio del Cnel, peraltro, non indica quali siano i territori ricompresi nelle quattro fasce. Lo studio del Censis, invece, è corredato da una mappa tematica, e anch’esso distingue in quattro fasce, non sovrapponibili a quelle del Cnel. In Toscana, le aree interne dell’Appennino rientrano nella prima fascia, con servizi e indicatori economici di buon livello; quelle della Toscana del sud, invece, sono nella seconda fascia, caratterizzata da una spiccata dinamicità migratoria e una significativa presenza di popolazione straniera, fattori che parzialmente mitigano le tendenze all’invecchiamento demografico; ma con segnali di stress nel tessuto economico, con particolare riferimento al settore commerciale e alla vitalità imprenditoriale complessiva. Le isole sono nella quarta fascia, chiamata “Povertà dietro l’angolo”: indicatori economici meno favorevoli, situazione demografica molto più critica.
Il ministro smentisce e invita a usare i fondi che ci sono
Dopo il tam tam del centrosinistra (sintetizzabile con: “il governo condanna a morte le aree interne”), è toccato al ministro per gli Affari europei, il Pnrr e le Politiche di coesione, Tommaso Foti, dare l’interpretazione dell’esecutivo. “Non ho mai detto la frase spopolamento irreversibile, è una calunnia”, ha contrattaccato Foti, dicendo che “nel piano non c’è scritto così, vi è una citazione di due studi, uno del Censis e l’altro del Cnel”, mentre invece “tutto il piano è un inno alle aree interne. Bisognerebbe leggere le 196 pagine del piano, non solo tre righe e non capirle”.
Per quanto riguarda la programmazione 2021-2027 “i fondi ci sono”, ha dichiarato il ministro. Che ha invitato, semmai, a utilizzarli appieno. “La programmazione 2014/2020, faccio presente che siamo nel 2025, non è mai stata conclusa. Vi erano a disposizione 1.200 milioni, ci sono oltre 5.000 progetti per 700 milioni e sono stati spesi ad oggi 450 milioni di euro”. Per questo motivo “si è pensato innanzitutto di responsabilizzare in questa attività le Regioni, anche come coordinamento – ha spiegato Foti -, ma soprattutto di individuare per ogni area interna un ente capofila che sia responsabile del progetto d’area”.
Marco Niccolai, presidente della Commissione aree interne del Consiglio regionale della Toscana, non rinuncia a dare una lettura differente sull’atteggiamento del governo. “C’erano già degli indizi – sostiene -, il disegno di legge sulla montagna vede la decurtazione per le Regioni del 50% del fondo per la montagna che aveva deciso Draghi, 200 milioni, 100 milioni vanno al governo, loro non mettono un euro in più, ma anzi decurtano dalle Regioni, che l’anno prossimo si troveranno la metà del fondo. Stessa cosa è successa sugli interventi dell’antincendio boschivo: lì ne volevano togliere il 100%, resistenza delle Regioni, taglio del 50%. I 4 milioni per le nuove aree Snai li hanno trasformati: in Casentino ci sono stati pagati gli educatori per gli asili nido, ora più della metà vanno in spesa per investimenti, e quindi gli educatori non ce li pagheranno più, neanche gli infermieri. E così potrebbe continuare la vicenda”.
“No alla retorica dei borghi, ci vuole la manifattura”
La disamina di Niccolai, responsabile del dipartimento del Pd nazionale sul tema delle aree interne nella segreteria, è stata pronunciata in un convegno nazionale sul tema promosso da Ali a Fabriano. Secondo il consigliere regionale toscano, “più che a bandi e a progetti, bisogna iniziare a pensare a meccanismi automatici a livello centrale per questi territori: prima di tutto sulla fiscalità di vantaggio. Noi a livello nazionale come Pd stiamo lavorando per alcune proposte, perché la questione deve riguardare sia le persone fisiche, ma soprattutto le imprese: un negozio di paese non può avere lo stesso livello di tassazione di un negozio del centro di Firenze. Non mi arrendo all’idea che questi territori siano solo agricoltura e turismo, e quindi respingo la retorica dei borghi: penso che la manifattura debba rimanere in questi territori perché è un presidio occupazionale fondamentale. Parlare solo di borghi significa relegare questi luoghi a seconde case e a camminate: belle, ma poi questi luoghi vanno vissuti durante tutto l’anno”.
Nell’analisi di Niccolai riecheggia quella del rapporto Irpet, non a caso commissionato dalla commissione da lui presieduta: le aree interne della Toscana, “seppur in difficoltà nell’accesso ai servizi pubblici, hanno tessuti produttivi importanti, sia a scala locale per il mantenimento della popolazione residente, sia come contributo all’economia regionale, nella creazione del valore aggiunto complessivo, ma anche nel presidio di alcune specializzazioni produttive e relative competenze, a cominciare dalle produzioni manifatturiere”. Preoccupano “le tendenze demografiche sfavorevoli, che svuotano le coorti più giovani di residenti, ma anche l’insufficiente ricambio di iniziative imprenditoriali”, e sono certamente da migliorare “le dotazioni infrastrutturali, sia quelle dedicate alla mobilità, che garantiscono l’accessibilità in entrata e in uscita sia dei beni che delle persone, sia quelle per la digitalizzazione, che sono cruciali per i processi di innovazione”.
“Non servono sussidi, ma azioni per crescere”
Confindustria, dal canto suo, chiede da tempo un potenziamento delle infrastrutture di collegamento con le aree interne, e politiche ad hoc. “Le aree interne della nostra regione non hanno bisogno di sussidi, ma di azioni rapide per stare alla pari degli altri territori e per crescere, altrimenti diventano un deserto, e non per colpa dell’alluvione”, diceva già nel 2023, all’indomani dell’alluvione di primavera in Alto Mugello, il presidente degli industriali di Firenze Maurizio Bigazzi, invocando una “messa in sicurezza” anche per il tessuto economico, presupposto della tenuta sociale”. Tessuto economico che, certo, non è solo fatto di manifattura: mesi fa Confesercenti Toscana ha calcolato che negli ultimi 10 anni oltre 200 comuni hanno subito fenomeni di desertificazione commerciale, 1,3 milioni di toscani non hanno più accesso ai servizi di base e 8.474 attività al dettaglio sono state chiuse.
Il sogno 2050, e la realtà dell’intesa Regione-Anci
Uno studio di Teha Group alla base del progetto Toscana 2050 ha indicato che la popolazione potenzialmente interessata da una migrazione verso aree meno urbanizzate è sicuramente quella che ha accesso a funzioni realizzabili in modalità di remote working, senza figli e appartenente a una classe sociale media. Ma un fattore abilitante affinché ciò sia possibile è il raggiungimento di una piena copertura con la rete di banda ultralarga anche nelle aree interne della regione. E insieme all’industria, servono secondo Teha politiche che favoriscano la diversificazione delle attività economiche, ad esempio attraverso il rafforzamento dell’agricoltura sostenibile, il turismo di qualità e l’innovazione tecnologica.
In attesa delle visioni di Toscana 2050, la Regione ha approvato lo schema di protocollo d’intesa con Anci sulle politiche per la montagna e le aree interne per il triennio 2025-2027. Obiettivo dell’accordo è definire priorità, linee d’azione ed attività volte a facilitare e sviluppare interventi per lo sviluppo delle politiche per la montagna toscana, della Strategia regionale per le aree interne 2021-2027 e per il sostegno alla valorizzazione della cosiddetta ‘Toscana Diffusa’ “con la conseguente inversione del fenomeno dello spopolamento in questi territori”. Tra i vari punti, però, di manifattura ce n’è poca: l’accordo vuole dare impulso a settori economici come turismo, artigianato, alimentare, agricoltura di montagna, forestazione. Sui trasporto c’è l’impegno a mantenere le linee di trasporto presenti, preservando anche quelle da capoluogo a frazioni e case sparse. Per il governatore Eugenio Giani e la vicepresidente con delega alle aree interne Stefania Saccardi servono “azioni coordinate per fare in modo che chi vive e lavora nelle aree interne abbia tutte le condizioni per restare, o tornare: solo valorizzando i patrimoni territoriali locali possiamo garantirne crescita e sviluppo e insieme contrastare il pericolo dello spopolamento”.
Leonardo Testai