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24 ottobre 2022

Agroalimentare, ora la sfida toscana è andare ‘oltre’ il vino

Nel primo semestre 2022 l’export è cresciuto del 17,3%. Ma occorre diversificare e portare sui mercati esteri pasta, salumi, formaggi.

Silvia Pieraccini
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Nel momento in cui esordisce il ministero dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare, che nelle intenzioni avrà il compito di difendere le produzioni italiane di qualità e valorizzare il rapporto con i coltivatori, la Toscana s’interroga su come sta il proprio settore agroalimentare, al di là delle convenienze “politiche” che nei giorni scorsi hanno portato alla presentazione di tre diversi studi – quello di Ismea per l’evento BuyFood della Regione Toscana; quello dell’ufficio studi di Intesa Sanpaolo in occasione dell’accordo banca-Coldiretti che prevede lo stanziamento di 200 milioni per il settore agricolo; quello di Irpet sull’andamento dei fatturati agricoli 2021 illustrato a un convegno Cia Toscana – che, ricchi di dati altisonanti, rischiano di confondere le idee dei lettori. Proviamo a mettere ordine.

Il vino re assoluto dell’export, seguito da olio e piante

La forza dell’agroalimentare toscano (così come di quello italiano) è l’export, che nel 2021 ha generato un valore di quasi tre miliardi di euro (2,913): più di un terzo (1,1 miliardi) è prodotto dal vino, il resto deriva da olio (679 milioni), prodotti agricoli e della pesca (468 milioni), altri prodotti alimentari (239 milioni), pasta e prodotti da forno (124 milioni), prodotti a base di carne (81 milioni), conserve di frutta e verdura (73 milioni), prodotti lattiero-caseari (39 milioni), riso e farine (20 milioni), conserve ittiche (19 milioni), mangini e pet food (6 milioni). L’export agroalimentare della Toscana – segnala l’ufficio studi Intesa Sanpaolo – è quasi raddoppiato dal 2008 ad oggi (anche se negli ultimi cinque anni, sottolinea Ismea, il tasso annuo medio di crescita è stato del +4,1% contro il +5,9% nazionale). Nel primo semestre del 2022 le vendite all’estero di agroalimentare toscano hanno registrato una crescita tendenziale del 17,3%, più di quanto siano aumentati i prezzi alla produzione del settore sui mercati esteri (+9,2%).

Potenzialità di crescita per gli altri prodotti

Il problema è l’estrema focalizzazione dell’export toscano: l’80% del valore esportato è dato da tre soli prodotti, vino, olio e piante (il vivaismo, particolarmente forte in provincia di Pistoia, ha esportato 403 milioni nel 2021). Gli altri prodotti hanno ancora grande potenzialità di crescita all’estero, anche perché in molti casi sono di alta qualità. Non a caso la Toscana – come emerge sia dallo studio Ismea che Intesa Sanpaolo – è fortemente legata ai prodotti Dop e Igp (che sono una novantina): il valore della produzione ‘Dop economy’ è stato di 1,15 miliardi nel 2020, di cui 1 miliardo proveniente dal vino. Il filo conduttore delle produzioni agroalimentari toscane restano qualità e sostenibilità.

Aziende strette tra inflazione e aumento prezzi materie prime

Nonostante questo scenario, le aziende agricole non se la passano troppo bene. L’anno scorso il fatturato è sceso tra il 10 e il 50% – rivela lo studio Irpet – per gli effetti della pandemia, il calo della domanda anche turistica, i problemi di liquidità di molte imprese. Oggi le aziende devono fare i contri col caro-energia e con i prezzi delle materie prime alle stelle. Le potenzialità ci sono, ma questa fase di guerra rischia di far spostare gli obiettivi in avanti.

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Silvia Pieraccini

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