In Toscana dal prossimo anno saranno complessivamente oltre 200 le aziende con volume d’affari di almeno 500 milioni di euro che, quindi, potranno accedere al regime dell’adempimento collaborativo, numero che salirà a quasi 600 dal 2028, quando la soglia di accesso scenderà a 100 milioni. E’ il dato emerso dalla tappa di Firenze del roadshow ‘Patti chiari, per imprese forti’, promosso da Confindustria, Mef e Agenzia delle Entrate proprio per far conoscere l’istituto dell’adempimento collaborativo alle imprese dei territori.
“Sto riscontrando un grande interesse su questa tematica”, ha spiegato il viceministro dell’Economia Maurizio Leo, secondo cui “crediamo molto in questo istituto, stiamo facendo questo roadshow perché secondo me questa è la svolta del sistema fiscale e questo è il momento giusto per realizzarla. Se non percorriamo questa strada, resteremo fermi al sistema fiscale degli anni passati, che porterà necessariamente a contenziosi e a sanzioni che noi vogliamo sicuramente scongiurare”.
Risolvere anticipatamente le potenziali controversie fiscali
Il vantaggio dell’istituto dell’adempimento collaborativo è l’opportunità di gestire le situazioni di incertezza attraverso un confronto preventivo su elementi di fatto che può ricomprendere anche l’anticipazione del controllo: si presta, pertanto, a prevenire e a risolvere anticipatamente le potenziali controversie fiscali. Il regime è riservato ai soggetti residenti e non residenti (con stabile organizzazione in Italia) che realizzano un volume di affari o di ricavi non inferiore a 750 milioni di euro per gli anni 2024 e 2025; 500 milioni di euro per gli anni 2026 e 2027; 100 milioni di euro a partire dal 2028.
I soggetti che intendono aderire al regime di adempimento collaborativo devono essere in possesso, alla data di presentazione della domanda, di un efficace sistema integrato di rilevazione, misurazione, gestione e controllo dei rischi fiscali anche in ordine alla mappatura di quelli derivanti dai principi contabili applicati dal contribuente, inserito nel contesto del sistema di governo aziendale e di controllo interno (Tax Control Framework). E’ previsto l’obbligo di certificazione del sistema di controllo da parte di professionisti indipendenti qualificati.
“Le Pmi hanno risorse limitate per il Tax Control Framework”
“All’interno di Confindustria – ha spiegato il presidente di Confindustria Toscana, Maurizio Bigazzi – convivono realtà molto diverse: aziende che hanno adottato l’istituto da anni e ne conoscono già i benefici, e altre che solo di recente hanno deciso di aderirvi, anche grazie all’ampliamento della platea dei soggetti ammessi. Si tratta di un istituto importante, che consente alle imprese di conoscere in anticipo le ‘regole del gioco’, di pianificare le proprie scelte con maggiore fiducia, di investire con più consapevolezza in un contesto regolatorio più stabile e prevedibile. Ma la certezza del diritto, in ambito fiscale, purtroppo non è ancora una condizione sempre garantita”.
Infatti, ha osservato Bigazzi, “la complessità normativa, e l’uso sempre più frequente della legislazione d’urgenza generano confusione e incertezza. E’ un problema che riguarda tutte le imprese, ma in particolare le piccole e medie, che spesso hanno risorse più limitate per gestire questi aspetti. E proprio su questo punto è fondamentale aprire una riflessione perché l’adeguamento al dettato normativo, la progettazione e l’implementazione di un Tax Control Framework richiedono un impegno significativo in termini di tempo, competenze e risorse. Di tutto questo dobbiamo tener conto, anche in un’ottica evolutiva dell’istituto e del futuro ampliamento della platea dei beneficiari”.
“Cambio di passo nel rapporto col contribuente”
“Possiamo dire che è in corso un cambio di passo nel rapporto tra amministrazione finanziaria e contribuente”, ha detto il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Vincenzo Carbone, secondo cui l’Agenzia e l’amministrazione finanziaria nel suo complesso “è a supporto del contribuente, a supporto di quella impresa che vuole investire in Italia e vuole farlo nel modo corretto”, per cui “ci assumiamo l’onere di fornire quei chiarimenti necessari, quell’interlocuzione necessaria per disbrigarsi in questo dedalo di norme che è il sistema tributario italiano”.
Per Angelo Camilli, vicepresidente di Confindustria per il Credito, la Finanza e il Fisco, l’adempimento collaborativo “è una leva strategica per rafforzare la certezza del diritto e rendere l’Italia più attrattiva per gli investimenti, anche in ottica di reshoring: oggi una buona governance fiscale è parte integrante della sostenibilità d’impresa e incide sulla competitività, nella dinamica Esg e nelle valutazioni di mercato”. Con l’estensione anche alle realtà di minori dimensioni, ha proseguito, “serve accompagnare questo passaggio con un cambio culturale e incentivi mirati, come il sostegno alle spese di certificazione del Tax Control Framework, e con l’estensione alle aderenti al regime volontario dei benefici previsti per l’ordinario, come la comunicazione di rischio e l’interpello abbreviato”.
Leonardo Testai