Prato prova a far sentire la propria voce in Europa sul tema delle politiche per il tessile, rivendicando il fatto che è la voce di uno dei più importanti distretti esistenti, seppur acciaccato dalla congiuntura economica e dalla concorrenza internazionale, capitale mondiale del cardato riciclato. L’obiettivo è modificare alcune normative sulla sostenibilità, l’innovazione e l’economia circolare in discussione in questi mesi, che – così come sono state impostate – danneggerebbero il sistema industriale locale: Epr (responsabilità estesa del produttore), ecodesign e passaporto digitale.
Un percorso in quattro tappe da maggio a novembre
Comune, categorie economiche e sindacati, riuniti nel Tavolo del distretto, proveranno a raggiungere questo obiettivo attraverso un percorso in quattro tappe: un convegno (Prato Textile District Days, 27-28 maggio al Museo del Tessuto di Prato), nel quale sarà presentato anche il progetto europeo NetZero District di cui Prato è capofila; un incontro al Parlamento europeo (Prato Textile District: Identity, Innovation, Sustainability, 3 giugno a Bruxelles); la partecipazione con uno stand alla prima fiera europea sul riciclo tessile Textile Recycling Expo (4-5 giugno a Bruxelles); la partecipazione come espositore alla fiera della transizione ecologica Ecomondo (4-7 novembre, Rimini). “Anche se non possiamo modificare le dinamiche economiche globali – ha detto la sindaca di Prato, Ilaria Bugetti, presentando gli appuntamenti – possiamo decidere come intervenire per trasformare il modo di fare impresa. Del resto una crisi strutturale come questa ci ha messo di fronte a due strade: soccombere o provare a reinventarci. Noi abbiamo scelto la seconda”.
La responsabilità estesa del produttore (Epr): per chi vale?
L’Epr è la normativa europea con l’iter più avanzato, pensata per fare in modo che gli operatori della moda siano tenuti a gestirne il fine-vita, pagando una tassa per finanziare la raccolta e il trattamento degli abiti diventati “rifiuti”. Il problema che danneggia Prato è che il concetto di ‘produttore’ è stato circoscritto solo ai segmenti finali di confezionamento e commercializzazione, lasciando fuori chi non ha relazione diretta col consumatore, ma spesso possiede le competenze e le tecnologie che possono fare la differenza rispetto alla sostenibilità.
Ecodesign e passaporto digitale, come aggiustare
Sull’ecodesign invece non c’è ancora un testo definitivo ma il rischio è che, anziché puntare su durabilità, presenza di fibre riciclate e riciclabili e aspetti sociali della catena di produzione, la normativa si focalizzi solo sulla durabilità (come emerge dagli atti tecnici che stanno circolando in Europa), e dunque sulle prestazioni che fanno durare di più il capo, senza valorizzare gli altri due. Infine sul passaporto digitale, la preoccupazione di Prato è che vengano inserite le informazioni che caratterizzano la sostenibilità del prodotto, come ad esempio il luogo di produzione (che alcuni Paesi invece non vogliono indicare), e che la norma non imponga troppi adempimenti alle piccole aziende della filiera. I capitoli sono aperti, ora Prato deve rimboccarsi le maniche e agire compatto.
Silvia Pieraccini