A dieci anni dalla chiusura, torna alla ribalta il Museo Ginori di Sesto Fiorentino: è infatti stato consegnato il cantiere all’impresa esecutrice per la ristrutturazione dell’edificio che lo ospita, con un primo lotto di interventi della durata di 462 giorni. Il Cipe ha stanziato 1,9 milioni di euro dal Fondo per lo sviluppo e la coesione 2007-2013. Un ulteriore finanziamento, sostenuto dal Piano Strategico Grandi Progetti Culturali, con 5,5 milioni – cifra da tempo calcolata – consentirà il recupero integrale dell’edificio – gravemente danneggiato negli anni di abbandono precedenti all’acquisizione da parte dello Stato.
Una storia recente tormentata
Museo industriale (uno dei principali della Toscana) e museo d’arte a un tempo, il complesso è chiuso al pubblico dal maggio 2014, a seguito del fallimento a inizio 2013 della precedente proprietà della Richard Ginori 1735 Spa che deteneva il 100% dell’edificio e della collezione museale. Sempre nel 2013 il gruppo Kering ha acquisito il ramo produttivo d’azienda e il marchio Richard Ginori: il Museo, rimasto nelle mani della curatela fallimentare, è stato acquistato a novembre 2017 dallo Stato, dopo due gare d’asta andate deserte (nel giugno 2016 e nel febbraio 2017, con base fissata rispettivamente a 7 e 4,3 milioni di euro).
“Sin dal mio insediamento ho seguito con grande attenzione anche questo dossier e ora saluto con soddisfazione l’apertura del cantiere”, ha commentato il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano. “D’intesa col Ministero della Cultura stiamo lavorando per predisporre il progetto di allestimento al fine di ridurre il più possibile il tempo che ci separa dall’apertura”, ha aggiunto Tomaso Montanari, presidente della Fondazione Ginori a cui è affidata la gestione del museo, che rimarrà nella sua sede in virtù del vincolo pertinenziale che lega la collezione all’edificio di Sesto Fiorentino.
Dal marchese Ginori a Joe Colombo, un museo unico
Se il marchese Carlo Ginori già dal 1737 aveva deciso di allestire uno spazio espositivo, la sede del Museo Richard Ginori come oggi la conosciamo fu realizzata nel 1965 su progetto dall’architetto Pier Niccolò Berardi, che l’aveva immaginata dopo la chiusura dell’antica sede della Manifattura di Doccia (1957). L’edificio è un esempio di architettura razionalista, con echi della Stazione di Santa Maria Novella a Firenze alla cui progettazione Berardi, da ventisettenne laureando, aveva partecipato con il Gruppo Toscano guidato dal maestro Giovanni Michelucci. I lavori di ristrutturazione architettonica, formale e di scelta dei materiali andranno in continuità col progetto originario “senza snaturare il linguaggio razionalista con il quale l’edificio è stato concepito”.
La collezione che tornerà ad essere esposta nel museo Ginori comprende più di diecimila tra ceramiche e modelli. Fra le opere più significative, la Venere dei Medici che riproduce la statua della Tribuna della Galleria degli Uffizi, e il Camino coronato dalle riduzioni delle Ore del Giorno e della Notte delle tombe medicee di Michelangelo. Fuori dallo stile classico, meritano di essere segnalati anche i pezzi disegnati da Giò Ponti (circa 400, dal 1923), esempio eccellente del gusto Art Déco, e perle di design industriale come il servizio di bordo di prima classe “Linea 72” disegnato da Joe Colombo e Ambrogio Pozzi, con la collaborazione di Ignazia Favata, per Alitalia.
Nuovo look per l’area (c’è anche la Coop)
La ristrutturazione del Museo Ginori è un altro tassello del riassetto della grande area industriale alle porte del centro di Sesto Fiorentino, al centro di un tentativo di valorizzazione immobiliare già con la precedente proprietà dell’azienda delle porcellane, e definita nel suo assetto dalla variante urbanistica del 2017 (comunemente detta Salva-Ginori) che ha consentito la realizzazione di un nuovo insediamento commerciale di Unicoop Firenze, un supermercato Coop.fi da 2500 mq di superficie di vendita e 64 addetti, inaugurato a metà marzo di quest’anno, con 200 posti auto e oltre 110 nuove alberature. L’acquisto da parte di Unicoop Firenze del terreno su cui sorge fu fondamentale per sbloccare la trattativa tra Kering e i creditori di Ginori Real Estate, la società (fallita) proprietaria dell’area industriale.
Leonardo Testai