Salgono a 19 i marchi della moda di lusso messi nel mirino dalla Procura di Milano, che ha contestato loro l’aver agevolato (attraverso il mancato controllo) o effettuato (attraverso appalti e subappalti) lo sfruttamento di lavoratori nella filiera produttiva, cioè in aziende cinesi che confezionano abiti o realizzano borse “schiavizzando” gli operai (anch’essi cinesi ma anche pakistani e bengalesi) e costringendoli a paghe da fame e orari estenuanti. I produttori terzisti cinesi, secondo le accuse, calpestano le norme igieniche, di sicurezza, fiscali e contributive.
L’inchiesta si allarga
L’obiettivo dei grandi marchi – quelli controllati finora sono Alviero Martini, Giorgio Armani, Dior, Valentino, Loro Piana, Tod’s e, negli ultimi giorni, Missoni, Off White, Adidas, Yves Saint Laurent, Givenchy, Ferragamo, Versace, Gucci, Pinko, Prada, Coccinelle, Dolce&Gabbana, Alexander McQueen – sarebbe quello di massimizzare il profitto. Ora l’inchiesta sul caporalato della Procura di Milano, condotta da Paolo Storari, si allunga fino a Scandicci e a Prato. Tra le aziende controllate dai carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro tra il 18 e il 20 novembre ci sono infatti sette laboratori cinesi toscani: tre producono per il marchio Tod’s di Diego Della Valle e sono la Pelletteria Antonio di Wu Xianxiang di Scandicci, la Pelletteria JM di Fu Fangjum sempre di Scandicci e la Bag Group di Carmignano (Prato), nelle quali i carabinieri hanno trovato lavoratori in nero, macchinari non sicuri, turni di 12 ore, pausa pranzo della durata di 10-20 minuti, nessuna formazione, nessun controllo medico. Tutti e tre sono fornitori di “secondo livello”, che ricevevano le commesse dalla Loipell srl di Scandicci, fornitore di “primo livello” di Tod’s.
I magistrati hanno chiesto ai brand i piani di internal audit
Ai marchi controllati negli ultimi giorni la Procura di Milano ha chiesto la documentazione sui sistemi di controllo interni, le procedure di selezione dei fornitori, il piano di attività di internal audit e i risultati, i piani di monitoraggio e tracciabilità: una sorta di sollecitazione a mettersi in regola (a differenza della misura di amministrazione giudiziaria applicata nei mesi scorsi a Alviero Martini, Giorgio Armani, Dior, Valentino, Loro Piana).
I sindacati sottolineano la schizofrenia del settore
“L’inchiesta della Procura milanese sul caporalato è l’ennesima conferma delle nostre denunce sulla diffusa illegalità nella catena degli appalti e dei subappalti”, affermano i sindacati Filctem-Cgil, Femca-Cisl e Uiltec-Uil sottolineando “l’incredibile schizofrenia vissuta dal settore: da una parte l’eccellenza del Made in Italy, dall’altra la ricerca del massimo profitto con la minimizzazione dei costi, lo sfruttamento dei lavoratori, la violazione dei loro diritti, i rischi legati alla salute e sicurezza”.
Chiesta la modifica del ddl Pmi
Gli stessi sindacati tornano a chiedere al Governo di modificare il disegno di legge sulle Pmi, già passato al Senato e ora all’esame della Camera: “Non è possibile escludere o alleggerire la posizione di responsabilità solidale del committente sugli appalti e subappalti, specialmente in presenza di presunti ‘modelli di controllo’ interni”, affermano definendo “inaccettabile” l’eventualità e chiedendo lo stop all’emendamento definito ‘salva-committenti’. “La responsabilità solidale è uno strumento fondamentale – aggiungono – per garantire che chi trae il maggior beneficio economico dalla filiera sia anche tenuto a esercitare un controllo effettivo e vincolante sulla regolarità di ogni passaggio produttivo”.
Silvia Pieraccini