L’inverno demografico della Toscana comporta sfide profonde che richiedono un pacchetto integrato di politiche, agendo su natalità, welfare, mercato del lavoro e valorizzazione della popolazione anziana, per mitigare i rischi e cogliere nuove opportunità di sviluppo e benessere diffuso. La fotografia scattata da Irpet nel convegno ‘Le implicazioni economiche e sociali della transizione demografica in Toscana’, organizzato a Firenze in collaborazione con Age-It, conferma che il processo già in corso. “Si apre uno spazio di intervento e di riflessione che deve coinvolgere più politiche: sicuramente politiche per la natalità, ma anche politiche per gestire adeguatamente l’immigrazione”, ha sottolineato il direttore di Irpet, Nicola Sciclone.
In 40 anni si perderà oltre mezzo milione di toscani
Proprio in relazione a quest’ultimo punto, sostiene, “abbiamo bisogno di immigrati che siano inseriti nel nostro tessuto economico e sociale, perché altrimenti rischiamo uno spopolamento di molte aree della nostra regione. Non c’è una soglia temporale specifica, ma c’è un progresso degli effetti dell’inverno demografico, nel senso che questi sono fenomeni che hanno una dinamica di lungo periodo. Già oggi si osserva una serie di conseguenze in alcuni territori. in alcuni sistemi locali già oggi si osserva un disaccoppiamento quantitativo fra domanda e offerta di lavoro che quindi richiede poi un’ampia mobilità di lavoratori, quindi spostamenti dalla residenza al luogo di lavoro, ma ancora di più questo fenomeno si osserverà nel prossimo decennio. Noi avremo difficoltà in molti sistemi locali del lavoro della Toscana nel sostituire la forza lavoro che andrà in pensione con nuovi ingressi nel mercato del lavoro da parte di forza lavoro più giovanile”.
Secondo le proiezioni dell’istituto, infatti, nei prossimi quarant’anni la Toscana perderà 89mila under 14 e 612mila persone tra i 15 e i 64 anni – nella fascia d’età da lavoro, dunque -, mentre gli over 65 cresceranno di 148mila unità. Complessivamente, gli over 65 passerebbero da 977.876 nel 2025 a 1.125.533 nel 2065, con l’indice di dipendenza degli anziani destinato a salire nel 20265 dal 42,9% di oggi al 67,5%. L’invecchiamento, ha osservato Sciclone, “interviene nella distribuzione primaria del reddito” modificando dimensione e composizione della forza lavoro, e condiziona anche la distribuzione secondaria “in cui i sistemi di welfare devono intervenire”, a partire dalla non autosufficienza.
Il gap riproduttivo e i costi della maternità
L’indagine di Irpet su 1.727 donne tra 25 e 56 anni mette in evidenza un ampio scarto tra fecondità desiderata e realizzata: oltre il 75% non ha raggiunto il numero di figli auspicato. Il modello ideale rimane quello a due figli, ma emergono differenze tra madri (aspirazioni più alte) e non madri (preferenza per nuclei più piccoli). A incidere sono fattori economici, lavorativi e culturali: il 34% segnala difficoltà economiche o occupazionali, il 18% cause culturali. La probabilità di avere figli cresce con la stabilità economica: si passa dall’8% tra le coppie a basso reddito al 15% tra quelle con redditi elevati. Ma il calo della fecondità in Toscana, scesa da 1,41 a 1,12 figli per donna dal 2008 al 2024, è dovuto più alla diminuzione delle donne in età fertile che a un crollo delle scelte riproduttive deliberate.
Il tema si intreccia con il divario retributivo: prima della nascita i redditi femminili sono inferiori in media di 8.000 euro annui rispetto a quelli maschili, divario che sale a 12.000 euro dopo la maternità. Nel lungo periodo emerge una penalità di coppia del 36%, pari a una perdita strutturale di circa 4.500 euro annui per le donne. Secondo Irpet, un accesso più ampio ai servizi educativi potrebbe incidere in modo rilevante: se tutte le madri con figli piccoli beneficiassero dell’asilo nido, l’avviamento al lavoro entro due anni dalla nascita passerebbe dal 58% al 74%, e l’attivazione delle madri inattive dal 43% al 72%.
In parallelo, cresce l’importanza della “Silver Economy”: nel 2023, 28 milioni di italiani sopra i 50 anni (47% della popolazione); il patrimonio medio stimato dei senior è di 330.000 euro, per un valore complessivo di oltre 9.200 miliardi di euro. La spesa annuale della popolazione over 50 rappresenta circa il 31,5% del PIL italiano (655 miliardi di euro), e sostiene 9,5 milioni di posti di lavoro nelle filiere servizio-benessere. L’invecchiamento accelera il fabbisogno di assistenza: in Toscana il rapporto tra anziani (60-69 anni) e giovani (20-29 anni) è passato da 88/100 (1993) a 143/100 (2023) e si prevede arriverà a 170/100 nel 2033. La Regione ha investito nel 2024 totali 61,5 milioni di euro per la non autosufficienza a domicilio (7.935 assistiti Adi, 6.437 con assistenti familiari privati, 5.943 con servizi “Pronto Badante”), ma rimane una copertura molto esigua del bisogno potenziale.
Più servizi per favorire la natalità
I risultati degli studi presentati da Irpet convergono su alcuni punti chiave. In primo luogo, la denatalità non si combatte solo con bonus economici, ma con politiche integrate che facilitino la conciliazione familiare, l’accesso al lavoro stabile, al welfare abitativo e ai servizi di cura per l’infanzia. Dall’altro lato, l’accumulo di capitale degli anziani crea opportunità in un’ottica di ‘Silver Economy’ per sviluppare servizi, prodotti e soluzioni abitative e di comunità ad hoc. Anche il potenziamento dell’assistenza e la regolarizzazione del lavoro di cura possono generare nuove opportunità occupazionali (fino a 37.000 posizioni in Toscana con la riforma dell’indennità di accompagnamento).
Fra le azioni da intraprendere, emerge l’indicazione di politiche volte a rafforzare la sicurezza economica e abitativa dei giovani-adulti, per consentire la pianificazione familiare senza rischio finanziario. Ma anche sviluppare ulteriormente i servizi per l’infanzia (bonus nidi, nidi gratis, ampliamento copertura) e le politiche di conciliazione lavoro-famiglia, integrando strumenti di welfare innovativo; rivedere e potenziare la presa in carico pubblica dell’assistenza agli anziani non autosufficienti, sia in ottica domiciliare che attraverso il potenziamento del lavoro regolare delle badanti; promuovere l’invecchiamento attivo; programmare lo sviluppo territoriale considerando la ripartizione degli squilibri demografici tra aree urbane e rurali, con strategie mirate per mantenere servizi, infrastrutture e coesione sociale anche nei territori interni o meno attrattivi.
Leonardo Testai