Il 19,7% dei manager attivi in Toscana nel settore privato è donna, e il loro numero (884) è più che raddoppiato nel giro di quindici anni: lo rivela il Rapporto Donne 2025 di Manageritalia, che analizza l’evoluzione della managerialità nelle imprese private del paese partendo dagli ultimi disponibili forniti dall’Inps. Il dato 2023 è in crescita del 4,37% rispetto al 2022 (5,12% a livello nazionale), e del 109,48% rispetto al 2008 (96,18% a livello nazionale).
La provincia toscana con la maggiore incidenza della componente femminile sul totale dei manager nel privato è Pisa (26,54% sul totale), seguita da Siena (25,2%) e Firenze (22,34%), che è anche la provincia col numero più alto di donne manager a livello regionale (470), ottava in Italia. La graduatoria delle province vede poi Grosseto (17,39%), Prato (14,48%), Massa Carrara (14,29%), Arezzo (14,12%), Pistoia (11,59%), Livorno (11,19%) e Lucca (10,6%).
“Essere più inclusivi aiuta la produttività”
A livello nazionale l’incremento dei manager, e in particolar modo della componente femminile, è visibile in tutti gli ambiti economici italiani. Le donne sono percentualmente molto più presenti nel terziario (25,8%) rispetto all’industria (16,5%). A crescere di più nell’ultimo anno e in generale nel periodo considerato sono comparti quali Attività professionali (11,2%), Costruzioni (8,3%) e Attività di alloggio e ristorazione (5,3%) e Trasporto e magazzinaggio (4,5%). Il terziario privato è di gran lunga il settore più rosa: nella Sanità e assistenza sociale le donne dirigenti (52,3%) superano i colleghi e sono il 34,4% nell’Istruzione, il 28,4% nelle Altre attività di servizi.
“La strada è tracciata, non dobbiamo fermarci né tornare indietro, ma affermare con ancora più impegno e dedizione scelte e azioni che portino a una vera parità di genere”, commenta Marco Ballarè, presidente di Manageritalia. “La rincorsa delle donne verso la parità è in corso – rileva Cristina Mezzanotte, coordinatrice area Dei di Manageritalia – ma c’è ancora tanto da fare. Ancor più c’è da fare per arrivare ad un’inclusione vera che valorizzi tutti uomini e donne, giovani e senior, culture ed etnie diverse, nonché ogni diversa abilità. Come dovrebbe ormai essere chiaro a tutti, non si deve farlo per buonismo, piuttosto per equità, ma ancor più perché i dati dimostrano che l’inclusione e la valorizzazione delle diversità portano valore e danno alle aziende più benessere e più risultati in termini di produttività, fatturati e capacità di crescita. In questo i manager, dove ci sono, hanno un ruolo determinante per mettere a terra e in sinergia questi valori e farne un fattore competitivo e vincente”. (lt)