Nasce una certificazione di sostenibilità ‘su misura’ per i produttori di vino Chianti Classico, che – rispetto a quelle standard esistenti sul mercato, per esempio Equalitas o BCorp – incorpora fattori strategici per il territorio come la sostenibilità culturale (declinata nella manutenzione del paesaggio o nel restauro degli edifici storici, parchi, viali, giardini) e la residenzialità, che porta con sé la socialità e spinge l’indotto delle attività economiche. “Sono elementi che vogliamo far emergere”, hanno spiegato il direttore e il presidente del consorzio del Chianti Classico, Carlotta Gori e Giovanni Manetti, in occasione dell’Anteprima delle nuove annate in commercio che si tiene alla Stazione Leopolda di Firenze. “Le certificazioni standard hanno aperto la strada e hanno dato un contributo importante al settore vitivinicolo – aggiunge Gori – ma crediamo che le nostre aziende, che già oggi hanno una grande attenzione al territorio come dimostra un’indagine fatta di recente, possano esprimere qualcosa di più e di diverso, un modello Chianti Classico che possa farle migliorare ancora”.
58 criteri da rispettare
La nuova certificazione è in via di costruzione (compreso la scelta dell’ente terzo che dovrà rilasciarla) ma si sa già che prevederà 58 criteri da rispettare, e che sarà contraddistinta da un simbolo da apporre sull’etichetta delle bottiglie dei produttori che la otterranno. “Il 2025 sarà l’anno dell’attuazione del progetto, a cui sta lavorando una commissione tecnica”, annuncia Gori sottolineando che la certificazione dovrà essere “riconosciuta” anche dalle banche ai fini della concessione dei finanziamenti. “Chiederemo a tutte le aziende di impegnarsi al rispetto di queste 58 regole”, aggiunge Manetti.
Nel 2024 venduto lo stesso numero di bottiglie del 2023
Il lancio di questo nuovo progetto riconferma il dinamismo della denominazione, secondo il presidente del consorzio, che ha ricordato le altre innovazioni recenti, come l’introduzione della tipologia Gran selezione, oggi adottata da 185 aziende, che ha migliorato l’immagine e la reputazione della denominazione ma soprattutto il posizionamento; e le Uga-Unità geografiche aggiuntive, che puntano a rafforzare il legame dei vini coi territori d’origine. “Nonostante la difficile congiuntura internazionale il Chianti Classico è in buona salute e gli investimenti fatti sulla qualità stanno dando frutti – ha aggiunto Manetti – nel 2024 le bottiglie vendute sono state in linea col 2023, mentre il fatturato è aumentato del 2,4%; considerando gli ultimi due anni, il prezzo medio è cresciuto del 6,3%”.
Presenti alla ‘Collection’ 218 aziende con 790 etichette in degustazione
La Chianti Classico Collection, cioè l’Anteprima delle nuove annate in commercio (presentate alla stampa, ai professionisti del settore e, martedì 18 febbraio, anche al pubblico), arrivata alla 32esima edizione, si arricchisce quest’anno di nuovi produttori (sono 218 per un totale di 790 etichette in degustazione) confermandosi come un grande evento internazionale.
Il riconoscimento Unesco ancora non c’è
Alla consacrazione del territorio del Chianti Classico manca solo il riconoscimento Unesco: avviato nel 2021, il procedimento non si è ancora concluso anche se il presidente della Regione, Eugenio Giani, ha sottolineato all’Anteprima che “vedo la strada ormai tracciata”, La vicepresidente regionale Stefania Saccardi invece ha annunciato che quest’anno, dopo alcuni anni d’assenza, la Regione pubblicherà il bando per finanziare gli investimenti in cantina (e non solo in vigna) e si è candidata a ricevere una parte delle risorse dell’Ocm Vino non spese da altre Regioni, che ora rischiano di tornare a Bruxelles. “L’anno scorso abbiano aggiunto ai 28 milioni che ci spettavano altri quattro milioni non spesi da altri – ha detto – perché eravamo stati bravi a spendere. Quest’anno vogliamo fare altrettanto”.
Silvia Pieraccini