L’idrogeno verde, prodotto dall’elettrolisi dell’acqua utilizzando energia elettrica da fonti rinnovabili, potrebbe aiutare la filiera orafo-argentiera di Arezzo, dando risposta a due problemi: l’elevato costo dell’energia sostenuto per fondere e saldare i metalli preziosi; la transizione energetica da raggiungere riducendo le emissioni di anidride carbonica.
L’apporto scientifico è dell’Università di Pisa
Ora parte un esperimento in questo campo, promosso dal gruppo aretino di gioielli e pelletteria Graziella-Braccialini della famiglia Gori, che ha vinto un bando del ministero dell’Ambiente grazie al progetto ‘Phe4Gold’ presentato con Brt Consulting di Arezzo, bando finanziato con due milioni di euro. Partecipano al progetto anche l’aretina G-Smart (tecnologie per la gestione di sistemi energetici intelligenti alimentati da fonti rinnovabili) e le pisane Enapter, che progetterà e realizzerà gli elettrolizzatori a idrogeno modulati sulla produzione orafa e argentiera, e Zerynth che metterà a punto i sistemi di monitoraggio e gli algoritmi di intelligenza artificiale per la gestione del sistema. L’apporto tecnico-scientifico è del Dipartimento di Ingegneria dell’energia dell’Università di Pisa. La tecnologia verrà validata all’interno della divisione Oro del gruppo Graziella-Braccialini, nella filiera produttiva dei gioielli superleggeri della linea ‘Air’.
Idrogeno verde portato alla scala delle Pmi orafe
La particolarità del progetto – secondo i promotori – è portare l’idrogeno verde alla scala delle piccole e medie imprese, passando dalle Hydrogen Valley a impianti compatti per saldature, microfiamme e trattamenti termici diffusi nel distretto. La fonte energetica arà il fotovoltaico, anche se non è ancora chiara la potenza e la dislocazione dell’impianto.
Silvia Pieraccini