Appena si sono intensificati (ormai più di un mese fa) gli attacchi dei ribelli Houthi contro le navi porta-container dirette verso lo stretto di Suez, i timori delle aziende toscane e degli osservatori più accorti si sono concentrati sull’import dall’Asia, più che sull’export verso l’Asia: come avrebbero fatto ad arrivare tutte le materie prime, i componenti, gli accessori che permettono all’economia regionale di funzionare? E come si sarebbe potuti sopperire alla loro eventuale mancanza?
Sacchetti introvabili, componenti elettronici pure
La “dipendenza” delle economie occidentali dall’Oriente è ormai cosa nota, e la rotta via nave alternativa a Suez, che impone di circumnavigare l’Africa passando dal Capo di Buona Speranza, allunga il viaggio di una ventina di giorni. Col passare delle settimane, i timori hanno trovato conferma: le scorte nei magazzini delle aziende si stanno esaurendo e alcuni settori, a partire dai trasporti, dalla meccanica, dalla chimica e dalla moda, stanno soffrendo la carenza di forniture. Dalle aziende del tessile-abbigliamento che non hanno fibre sintetiche, cachemire, cerniere, bottoni, grucce appendiabiti, sacchetti o addirittura capi finiti prodotti in Cina o in Vietnam, fino alla Piaggio che per mancanza di componenti elettronici ha messo in cassa integrazione per una settimana gli addetti al reparto di produzione dei veicoli commerciali, l’economica regionale rischia grosso.
Le stime del centro studi di Intesa Sanpaolo
Ora a confermare i timori arrivano, per la prima volta, dati scientifici: sono quelli calcolati per il nostro giornale T24 da Sara Giusti, economista della Direzione Studi e ricerche di Intesa Sanpaolo, stimando la quota delle esportazioni e delle importazioni toscane che transitano nel Mar Rosso, e dunque come tali soggette al rischio di essere cancellate o ritardate. I Paesi presi in considerazione sono 72, dal Burundi al Pakistan, dall’Arabia alla Cina, dal Giappone a tutto il Far East fino all’Australia e alla Nuova Zelanda, e per ciascuno di essi – o meglio per ciascuna area geoeconomica – si è considerata la percentuale di trasporto marittimo regionale.
La sfida è continuare a produrre a prezzi sostenibili
Lo studio dimostra il forte peso che ha il trasporto marittimo da e per questi Paesi (nel 2022 ha assorbito il 36% dell’import toscano e il 18% dell’export) e alza l’allarme sulle conseguenze del blocco di Suez: l’export toscano che transita nel Mar Rosso ha rappresentato il 5,6% del totale nel 2022, per un valore di tre miliardi di euro, mentre l’import che percorre lo stesso tragitto ha raggiunto un peso del 13,7%, per un valore di 5,5 miliardi di euro. Nei primi nove mesi del 2023 (i dati disponibili si fermano a settembre) il peso varia di poco (6,4% per l’export e 12,5% per l’import), e dunque anche i valori assoluti. Conti alla mano, in ballo – sulla carta – ci sono 8,5 miliardi di euro, ma in realtà c’è molto di più: c’è la possibilità di continuare a produrre (o di continuare a produrre a prezzi sostenibili) per centinaia di aziende che oggi sono col fiato sospeso, già alle prese con altri problemi causati da guerre, inflazione, rallentamento di mercato.
Silvia Pieraccini