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01 ottobre 2024

Patente a crediti, le categorie: più burocrazia che sicurezza

Lo strumento per migliorare la sicurezza sul lavoro non convince i rappresentanti di settore che dicono: serve qualificazione delle imprese.

Paolo Vannini
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Cambiano un po’ i toni e le sfumature ma il giudizio complessivo sulla cosiddetta “patente a crediti” per imprese e lavoratori autonomi impegnati nei cantieri è tutt’altro che entusiasta. Lo strumento introdotto dal decreto legge 19/2024 per migliorare la sicurezza nei luoghi di lavoro e combattere il lavoro sommerso suscita molte perplessità tra i rappresentanti toscani delle categorie economiche interessate al provvedimento. 

“Non c’è dubbio che con questa normativa si introduce un onere in più per le imprese, già oberate da tanti adempimenti burocratici, anche se non si tratta di una cosa trascendentale, soprattutto per le imprese più strutturate”, spiega Rossano Massai, presidente di Ance Toscana. Più duro il giudizio di chi rappresenta i più piccoli: “Siamo nel marasma più completo, quello che ci si attendeva – taglia corto Roberto Pellegrini, coordinatore installazione impianti e costruzioni di Cna Toscana -. Avevamo chiesto al Ministero una proroga al decreto semplicemente per il fatto che solo in Toscana si stimano oltre 60.000 imprese che dovranno fare questa richiesta. Ieri e ieri l’altro anche le pec non funzionavano, oggi con certi browser non si entrava nel portale dell’Inail e da oggi (1 ottobre 2024, n.d.r.) non si può accedere a un cantiere senza aver inviato una pec. Sono esentati solo i meri fornitori e professionisti, tutti gli altri la devono avere”.

I rappresentanti di categoria nutrono dubbi sulla sua efficacia

Al di là delle difficoltà iniziali e del termine ultimo fissato nel 31 ottobre – per quella data tutte le aziende che lavorano in cantiere dovranno aver inserito la propria richiesta nel sistema – i rappresentanti di categoria nutrono dubbi sull’efficacia della “patente” ma, soprattutto, spostano su un altro piano le reali necessità del settore. “Noi siamo molto critici sullo strumento, che si fatica a capire se migliorerà il fronte della sicurezza ma che di sicuro non è il modo più corretto per la qualificazione delle imprese – conferma Pellegrini di Cna -. Con la patente si dichiarano cose che le aziende già posseggono, è solo un peso burocratico ulteriore. Si agisce sul controllo, ex post, mentre servirebbe incidere sulla qualificazione, che deve avvenire ex ante”.

Ance: “Non risolve tutte le problematiche”

Stessa priorità anche per Ance. “Questa patente a crediti non risolve tutte le problematiche. Le nostre priorità sono altre, in primis la qualificazione dei cantieri – sottolinea il presidente Massai -. L’obiettivo è avere aziende qualificate nel settore privato così come in quello pubblico. E la qualificazione delle imprese dovrebbe essere richiesta fin dalla loro nascita, al momento della registrazione in Camera di Commercio. Perché per farlo in qualsiasi settore serve una qualifica e questa non è necessaria nel comparto edile? Faccio un esempio: per aprire un’agenzia immobiliare si devono sostenere esami difficili, che la maggior parte dei partecipanti neppure supera, mentre per costruire una casa non serve nulla”.

“I cantieri non saranno più sicuri, soprattutto quelli piccoli”

Insomma si entra in un cantiere con estrema facilità, senza preparazione e qualificazione e la “patente” svolgerà solo un ruolo sul fronte della sicurezza. “Per i cantieri pubblici se si superano i 150mila euro occorre la certificazione obbligatoria SOA mentre in quelli privati non è richiesto alcunché, ed è lì che si registrano le maggiori percentuali di infortuni e incidenti mortali – spiega ancora Massai -. Mancano i controlli come si è visto anche con i bonus: nel periodo in cui sono stati attivi in Italia sono nate improvvisamente quasi 18mila imprese e si sono avuti casi di appalti, anche di diversi milioni, gestiti da imprese senza alcuna esperienza. Di questo abbiamo parlato spesso con gli artigiani: piccole ditte di famiglia, anche di seconda e terza generazione, con un’esperienza maturata negli anni sono messe alla pari di chi la mattina apre una partita Iva e inizia da zero”. Il mondo artigiano conferma: “Non ha senso andare in Camera di Commercio, aprire una partita Iva e entrare in un cantiere. E con la ‘patente’ non cambia nulla”, afferma Pellegrini.

Preoccupazione per la sospensione della patente

C’è poi un altro tema, quello degli effetti di provvedimenti di sospensione di un cantiere: “Quando si interviene a seguito di incidenti sui cantieri la ‘patente’ può essere sospesa fino a 12 mesi, se l’ispettorato del lavoro verifica una responsabilità dell’impresa. Ma si è in grado di valutarlo e in che tempi? – si chiede il presidente di Ance -. Nel frattempo gli operai restano senza lavoro, senza stipendio e cassa integrazione per 12 mesi. Ma cosa c’entrano loro?”.

E un altro tema ancora è quello sui controlli della regolarità delle imprese che lavorano nei cantieri: “Le ditte che giocano sul risparmio o lavorano al nero sono competitor scorretti di chi è in regola e rispetta le normative, perché hanno ovviamente meno spese – evidenzia Massai -. Noi chiediamo più sopralluoghi e controlli e che si assuma personale apposito da parte delle Usl e degli Ispettorati del lavoro. Il governo ha assunto un po’ di personale in più con questi compiti ma non è ancora sufficiente”.

Forse qualcosa potrà modificarsi in prospettiva: “Accettiamo la normativa e verifichiamola sul campo con le modifiche che si renderanno necessarie – conclude il presidente di Ance -. Alla lunga anche la ‘patente’ può servire a qualificare ma in questo modo si interviene dopo che ci sono stati gli infortuni nei cantieri, noi avremmo voluto intervenire a monte. Cioè chiedendo di dimostrare il rispetto del contratto, le coperture assicurative, le figure professionali con la dovuta esperienza e qualifica”.

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Paolo Vannini

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