Nei mesi scorsi ha investito 12 milioni di euro a Massa per realizzare il polo della vetroresina, internalizzando la produzione degli scafi che è una delle parti più critiche di una barca, prima affidata a ditte esterne. Ora il Gruppo Azimut Benetti, leader mondiale nei maxiyacht sopra i 24 metri (ma produce anche barche a motore da 13 metri in su), investe a Viareggio, dove possiede i cantieri Azimut, Benetti e Lusben.
Varato lo yacht Azimut Grande 30 metri da 11 milioni di euro
L’annuncio è arrivato oggi, 4 agosto, in occasione del varo, proprio a Viareggio, dello yacht Azimut Grande 30 metri, prezzo 11 milioni di euro, venduto a un armatore di Hong Kong, varo avvenuto alla presenza della presidente del gruppo, Giovanna Vitelli, e del ceo Marco Valle. “Amplieremo i capannoni Azimut – ha spiegato Valle – e nei prossimi sei mesi assumeremo qui a Viareggio almeno 15 persone tra addetti alla produzione, capi-barca, project manager e tecnici”.
Potenziare la produzione di barche da 15-18 metri
L’obiettivo è potenziare la produzione, per anticipare (e poi soddisfare) le richieste del mercato. Se negli ultimi anni il Gruppo Azimut Benetti (1,3 miliardi di ricavi 2024 con 211 milioni di ebitda), che è controllato dalla famiglia torinese Vitelli e partecipato al 33% da Pif, il fondo sovrano dell’Arabia Saudita, ha potenziato il segmento dei grandi yacht – rivelatosi il più brillante nella fase Covid e post-Covid – ora si prepara a potenziare l’entry level, il segmento delle barche da 15-18 metri, che in questi ultimi tempi invece ha sofferto. In questo segmento l’incognita è rappresentata dai dazi americani al 15%, che – uniti alla svalutazione del dollaro – faranno lievitare il prezzo di barche che costano tra uno e due milioni di euro e che spesso sono immatricolate (anche) in Usa, a differenza dei maxiyacht che vengono registrati nei Paesi offshore. “Per le imbarcazioni piccole l’impatto dei dazi ci sarà”, prevede Valle.
Meno barche in America, più barche in Asia e Medio Oriente
Per questo il gruppo si è affrettato a spedire negli ultimi tre mesi, quando il dazio era ancora al 10% e non ancora al 15%, una trentina di barche sotto i 70 piedi (21 metri) ai concessionari statunitensi, accollandosi a metà l’incremento tariffario. E ha adeguato la strategia: “Di certo la nostra linea ora sarà ‘meno barche in America, più barche su altri mercati come Asia e Medio Oriente’”, conclude Valle.
Silvia Pieraccini