Il sindaco di Firenze Dario Nardella
Firenze timida. Firenze che non ama la contemporaneità. Firenze troppo attaccata al suo passato tanto da non saper progettare il futuro. Questi i pareri di Ance Firenze, della Fondazione Michelucci e dell’architetto Marco Casamonti. L’Ordine degli architetti, dal canto suo, è talmente diviso su questo tema da non riuscire ad esprimere una sintesi, un parere chiaro frutto di un serrato confronto. Ma cosa pensa di tutto questo Dario Nardella? Il sindaco di Firenze che in primavera terminerà il suo mandato conosce forse meglio di altri i vizi e le virtù della città che amministra.
Signor sindaco, pensa anche lei che Firenze sia refrattaria alla contemporaneità?
Devo dire che la città vive il contemporaneo in maniera dicotomica. Da una parte si appassiona alle mostre dei grandi artisti contemporanei, dall’altra è vero che sia molto timida nei confronti dell’architettura contemporanea. Questo è dovuto al fatto che una parte della città vive male le novità e non sa che Firenze è stata grande quando è stata contemporanea e ha saputo osare. Con questa miopia abbiamo perso definitivamente la Loggia di Isozaki, grazie anche ad un governo che rema contro. Devo dire che su questo fatto mi sarei aspettato una reazione più forte da parte dei cittadini. Adesso ci resta solo la Stazione di Foster. È un’occasione da non perdere.
A proposito di Isozaki, cosa pensa del giardino al posto della Loggia?
Che sia una scelta banale. Davanti al Louvre, ricordiamolo, c’è la Pyramide che attrae moltissimi turisti.
L’architetto Casamonti ha detto che comunque il progetto delle tramvie è un’opera contemporanea su cui il Comune ha lavorato a testa china.
È vero. Sarà una rivoluzione del sistema della mobilità cittadina. Vorrei anche ricordare che siamo stati i primi in Italia a deliberare sui volumi zero in città.
Quindi lei rivendica una serie di decisioni che modificano il volto della città e la proiettano nel futuro.
Certo. Abbiamo fatto grandi passi avanti nel recupero dei ritardi per l’Alta velocità. Dirò di più. Firenze in molti casi ha saputo essere una pioniera: non tutte le città sono state in grado di fare interventi a tappeto per riqualificare contenitori della città vuoti, da San Firenze alla Caserma Cavalli, per fare alcuni esempi. Ed è stata capace di attivare in breve tempo 2,5 mld di finanziamenti. Una cifra folle, se si pensa ad una città che ha una superficie di 100 km quadrati e 380mila abitanti.
Quali sono gli interventi di cui va più fiero?
L ‘essere riuscito, almeno in parte, a riportare molte funzioni nel centro storico. Tra gli anni 80 e i 90 alcune strutture di rilievo come l’Ateneo, il tribunale, la Corte d’appello, le Banche, sono state spostate a nord della città. Molti volumi storici sono rimasti vuoti ed abbiamo cercato di riparare al vuoto che si era creato con conseguente fenomeno del dilagare degli affitti brevi. In piazza San Firenze, al posto del tribunale ci sono le Fondazioni Bocelli e Zeffirelli; la Caserma Cavalli è diventata un hub per startup (Nana Bianca); presso la vecchia Corte d’appello è stata trasferita la Scuola internazionale dell’Istituto Universitario Europeo; Sant’Orsola sarà destinato a foresteria e attività artigianali; nella vecchia caserma di Santa Maria Novella abbiamo progettato un social housing con biblioteca e museo della lingua italiana.
In sintesi, quasi dieci anni di mandato sono stati spesi su una miriade di progetti.
È stata un’operazione di rigenerazione. La missione di Firenze per me è diventare la capitale mondiale dell’alta formazione. Già ospitiamo università straniere, studentati e centri di ricerca. La città, ve lo assicuro, è molto più contemporanea di 30 anni fa.
Cosa ne pensa del ponte di Calatrava alle Cascine?
Io amo molto Calatrava ma se qualcuno gli raccontasse la fine che ha fatto il progetto dello scomparso Isozaki, credo che non parteciperebbe a nessun concorso internazionale.
La faccenda Isozaki ha anche un valore politico?
L’annullamento di quel progetto 25 anni dopo la sua approvazione non è grave perché non è stato rispettato un progetto internazionale ma perché incarna un messaggio molto brutto: che il lavoro di un grande architetto dopo 25 anni sia stato considerato obsoleto. Inoltre questa vicenda dimostra l’inaffidabilità del governo italiano nei progetti di architettura contemporanea. È una grave perdita per l’Italia. I progetti non si realizzano per burocrazia e cavilli o perché un nuovo governo di colore diverso decide di fare tabula rasa delle decisioni precedenti. Il danno di reputazione per Firenze e L’Italia è enorme. Perfino nel Rinascimento si rispettavano i risultati dei concorsi. Ora non più.
Sono gli ultimi mesi del suo mandato e lei lavora freneticamente. Forse vorrebbe essere riconfermato?
Il mio amore per Firenze non passa mai e sarei disposto anche ad accettare la sfida del terzo mandato. Per fare il sindaco mi sono dimesso da parlamentare. È stato un viaggio esaltante.
Si rimprovera degli errori?
Non vivo di rimpianti, anche dagli errori si impara. E io ne ho fatti molti. Chi dice che non ne fa mai non credo sia adatto a fare il sindaco.
Cosa consiglia al suo eventuale successore?
Di essere più bravo di me e fare meglio di me. Governare Firenze non è una passeggiata e ci sono ancora tante cose da fare. I cambiamenti profondi nelle città richiedono 15/20 anni, tempi lunghi e continuità. Mi auguro che chi mi sostituirà concluda i progetti impostati su sanità, tramvie, cultura. Purtroppo in Italia succede spesso che un governo di colore diverso cancelli tutto ciò che è stato fatto prima. Mi auguro che non accada.
Cosa ne pensa di Bocca ai vertici della Fondazione CR?
Ho un ottimo rapporto con Bocca e penso che lavoreremo bene insieme.
Lei è giovane, come si vede nei prossimi anni?
Guardo con molta curiosità e interesse all’Europa, non ne faccio mistero. Ho imparato che le politiche di casa nostra si decidono lì. Per questo mi piacerebbe esplorare il pianeta Europa. E, in ogni caso, la passione per la politica non deve diventare sudditanza psicologica per la carriera politica. Nella mia vita non ho avuto né padrini né padroni e non vorrei cominciare adesso.
Silvia Gigli