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L’intelligenza artificiale (Ai) rappresenta una leva strategica sempre più decisiva per la competitività e
l’innovazione del sistema produttivo anche se, per il momento, il grado di adozione da parte delle imprese è “moderato”: solo l’11,6% l’ha introdotta o sperimentata, anche se il 44% del totale sta valutandone l’inserimento, mentre il 41,3% non è interessato all’uso di questa tecnologia.
Raccolte informazioni su 2.095 aziende, di cui 111 associate a Confindustria Toscana Centro e Costa
Sono i risultati che emergono dall’ultima indagine sul lavoro fatta dal centro studi di Confindustria Toscana Centro e Costa che – tra metà febbraio e fine marzo 2025 – ha raccolto informazioni su 2.095 aziende del Centro-Nord Italia con circa 370mila dipendenti, tra le quali 111 associate a Confindustria Toscana Centro e Costa con oltre 15.000 addetti. Il 75,5% delle aziende opera nell’industria, il 24,5% nei servizi; il 26% è di piccole dimensioni (fino a 25 dipendenti), il 37% di medie dimensioni (26-100) e il 37% di grandi dimensioni (oltre 100 dipendenti).
Quadro completo e aggiornato per HR manager
Scopo della rilevazione è fornire un quadro completo e aggiornato ai responsabili aziendali delle risorse umane, utile per orientare le politiche di gestione del personale. Per questo vengono rilevate informazioni come i tassi di assenza e di turnover, l’organizzazione del lavoro da remoto (smart working) e la sua diffusione, i contenuti della contrattazione collettiva, ma anche le caratteristiche delle politiche retributive, dei sistemi di incentivazione e delle politiche di inserimento dei neolaureati. Completa l’indagine un approfondimento che per il 2025 è dedicato, appunto, all’utilizzo delle soluzioni di IA all’interno dei processi aziendali.
AI per potenziare la capacità analitica dell’impresa e automatizzare operazioni ripetitive
Le imprese già attive nell’adozione dell’AI sono quelle più strutturate (oltre i 100 addetti) e appartenenti, per lo più, al settore dei servizi, solitamente più propenso a investire in tecnologie emergenti e ad avviare percorsi di trasformazione digitale. Le applicazioni vanno dall’ottimizzazione dei processi interni alla gestione dei rapporti con la clientela, passando per attività strategiche come la pianificazione, lo sviluppo di nuovi prodotti e la valorizzazione delle risorse umane. In molti casi, l’IA viene utilizzata per potenziare la capacità analitica dell’impresa, automatizzare operazioni ripetitive, migliorare la qualità dei servizi offerti o supportare decisioni complesse.
Per introdurre l’AI è fondamentale formare il personale
“Tuttavia, il cammino verso un’integrazione diffusa dell’IA non è privo di ostacoli – sottolinea il rapporto – tra tutti la carenza di competenze interne, i problemi tecnici, i costi e le resistenze organizzative rimangono tra le principali criticità segnalate. In questo contesto, emerge, con forza, il ruolo cruciale delle risorse umane, la cui valorizzazione attraverso formazione, acquisizione di nuove professionalità e supporto specialistico diventa una condizione necessaria per favorire l’adozione efficace e sostenibile dell’IA”. Dall’AI le imprese si aspettano benefici rilevanti in termini di efficienza, qualità e capacità innovativa, delineando “un potenziale trasformativo ancora in gran parte da esplorare”. L’AI per adesso non fa paura: solo l’1,2% delle imprese sostiene che vi sia una riduzione dell’occupazione, mentre il 13,4% si attende una possibile riduzione dei livelli occupazionali in futuro.
In Toscana il 50% delle figure ricercate è difficile da trovare
Sul fronte delle politiche di assunzione, l’indagine sottolinea le difficoltà vissuta dalle imprese italiane nel reperire i profili desiderati, difficoltà che hanno interessato il 47,8% delle entrate programmate (era il 45% nel 2023). In particolare in Toscana nel 2024 la metà (50%) delle figure professionali ricercate dalle imprese è risultata essere di difficile reperimento (era il 46,9% nel 2023), anche se questo dato è tra i più contenuti delle regioni del Centro-nord Italia. I problemi maggiori sono per le competenze tecniche e per le mansioni manuali, mentre sono meno diffuse le carenze di competenze digitali, trasversali o cosiddette soft skills e quelle manageriali. Per far fronte alla mancanza di competenze le aziende formano il personale già in organico, ricorrono a collaboratori e consulenti esterni, allargano il bacino di ricerca, partecipano a programmi educativi sul territorio come ITS Academy e alternanza scuola
lavoro/Pcto, inseriscono in organico personale proveniente da altri Paesi. Solo il 2% aderisce a partenariati pubblico-privati per accedere a formazione specialistica finanziata.
Silvia Pieraccini