Il presidente di Confindustria Toscana nord, Daniele Matteini (a sinistra), il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini e il presidente di Confindustria Toscana, Maurizio Bigazzi
Non è una mamma amorevole e attenta, tutt’altro. In questo momento l’Europa è vista dall’industria italiana come un regolatore rigido e cieco, che mina la competitività imponendo regole “stringenti” e “pletoriche”, in particolare sul terreno della sostenibilità, senza prevedere flessibilità e adattamenti. All’assemblea di Confindustria Toscana nord, che si è tenuta nel pomeriggio del 30 settembre a Prato, nell’auditorium della Camera di commercio, l’insofferenza per la mole di regolamenti e direttive europee sulle emissioni inquinanti, sullo stop al motore endotermico, sulle sostanze chimiche (il Reach), sulla responsabilità estesa del produttore, sull’end of waste, sul riuso preferito “aprioristicamente” al riciclo, si è toccata con mano.
Sostenibilità sì, ma con tempi e modi diversi
Sia il presidente nazionale di Confindustria, Emanuele Orsini, ospite d’onore dell’assemblea, che il “padrone di casa” Daniele Matteini, presidente di Confindustria Toscana nord, hanno puntato il dito sui rischi di tenuta della manifattura – già provata da guerre e tensioni internazionali – a causa delle regole che l’Europa si è data per affrontare la transizione energetica (il cosiddetto Green Deal), premendo su rigore e tempi stretti. La sostenibilità va bene e vogliamo perseguirla, è la tesi degli industriali, ma con tempi e modi diversi.
L’Europa genera il 6% dei gas serra mondiali, la Cina il 25%
“L’industria italiana vuol tutelare l’ambiente ed è consapevole che si debba arrivare all’obiettivo della sostenibilità – ha sottolineato Orsini – ma se noi facciamo i compiti a casa, e gli altri Paesi no, rischiamo grosso”, ha aggiunto spiegando come la produzione delle aziende indiane della ceramica stia crescendo del 67%, mentre quella delle aziende europee del settore cala del 20%. “E’ giusto ad esempio limitare le emissioni inquinanti – ha aggiunto Matteini – ma se l’Europa genera solo il 6% dei gas serra mondiali, contro il 25% della Cina o l’11% degli Usa, è evidente che limare la quota europea contribuisce ben poco a salvare l’ambiente. Impegniamoci a farlo, certo, ma non massacriamo le aziende per uno ‘zero virgola’ in meno su una quota già esigua”.
Tempo e finanziamenti per sostenere la transizione energetica
I dati illustrati dal direttore del Centro studi di Confindustria, Alessandro Fontana, indicano che l’82% del surplus commerciale italiano proviene da tre settori energivori: lavori in ferro e acciaio, prodotti in ceramica e materie plastiche. “Dobbiamo salvaguardare i nostri settori strategici – ha aggiunto il presidente di Confindustria – e per questo serve tempo e servono finanziamenti: nessuna tecnologia si può cambiare perché lo dice una norma, occorre che ci sia un’altra tecnologia nuova e accessibile; e servono investimenti pubblici poderosi, serve un fondo sovrano europeo per sostenere le aziende italiane nella transizione energetica”.
Tutte le critiche di Confindustria Toscana nord al Green Deal
Il Green Deal preoccupa gli industriali di Prato, Pistoia e Lucca su tre piani: il regolamento europeo Reach sulle sostanze chimiche prevede requisiti “troppo stringenti” e “indiscriminati” su alcuni prodotti, rischiando di compromettere il riciclo o il recupero di materia; i criteri che si stanno delineando sull’end of waste (le regole per stabilire quando uno scarto cessa di essere rifiuto) non tengono conto della storica filiera del riciclo tessile costruita a Prato fin dall’Ottocento; l’introduzione nel settore moda dei sistemi di responsabilità estesa del produttore (Epr), già esistenti in altri settori, rischiano di tagliare fuori la filiera tessile dalla loro gestione. Anche la direttiva eco-design, aggiunge Matteini, richiederebbe per la moda delle flessibilità in funzione delle diverse tecnologie di recupero. E anche la carta di Lucca non apprezza la direttiva sul riuso, che viene “valorizzato ingiustificatamente rispetto al riciclo” in cui l’industria italiana è leader.
Critiche alla Regione per il ‘no’ agli impianti che recuperano energia dai rifiuti
Ma il presidente di Confindustria Toscana nord ha ricordato anche le misure europee che piacciono agli industriali, a partire dalla gestione dei rifiuti in direzione dell’economia circolare, col recupero di materia e, se questo non è possibile, il recupero di energia. Su questo fronte Matteini ha criticato la Regione Toscana che “non accetta questo percorso – ha sottolineato – e non parla mai di recupero di energia: è un errore grave, da noi più volte denunciato. Quando dall’Europa arrivano stimoli corretti – ha detto – vanno colti e valorizzati”.
Formazione degli immigrati nei Paesi d’origine
Infine, di fronte al (sempre più grave) problema demografico, che tra pochi anni metterà a rischio la sopravvivenza delle aziende italiane per mancanza di personale, Orsini ha rilanciato l’idea di formare gli immigrati nel proprio Paese d’origine, insegnando loro la lingua italiana e le competenze necessarie alle imprese, come ha già cominciato a fare Confindustria Alto Adriatico con un progetto in Ghana partito nel gennaio scorso, che ha già formato 15 addetti. Anche Confindustria Toscana nord non l’ha escluso, e potrebbe lavorare a un progetto in questo senso. Il problema successivo è dare agli immigrati formati che decidono di venire in Italia una casa a prezzi sostenibili: “Serve un piano casa per lavoratori italiani e stranieri, finanziato da fondi d’investimento ‘pazienti’ così da poter diluire il costo dell’appartamento”, ha spiegato Orsini.
Silvia Pieraccini