I musei d’impresa toscani investono in sostenibilità e riescono ad attrarre più degli altri in Italia i turisti stranieri, che possono apprezzare il legame fra il territorio e il saper fare aziendale. E’ il quadro che emerge dall’Osservatorio sul Turismo Industriale realizzato da Museimpresa in collaborazione con Nomisma: un’indagine condotta su 120 strutture a livello nazionale, fra cui 14 toscane.
L’indagine è stata presentata in occasione dell’assemblea generale annuale – che si è tenuta a Firenze – dell’associazione che riunisce musei e archivi di grandi, medie e piccole imprese italiane. L’appuntamento fiorentino ha offerto ai delegati anche un tour al Museo Ferragamo, uno dei musei d’impresa toscani associati: fra essi anche il Museo e Archivio Storico Piaggio, l’Aboca Museum, l’Archivio Storico Orlando Smi e quello di Nuovo Pignone. In attesa che anche il Museo Ginori della porcellana torni a operare.
I musei toscani investono di più in sostenibilità
In Italia nel 2023 il 67% delle presenze nei musei d’impresa è stato di visitatori italiani, mentre il restante 33% proveniva principalmente da Paesi europei, dal Nord America e dall’Asia. Il dato, secondo l’Osservatorio, “sottolinea come ci sia ancora un grande potenziale da esplorare sul fronte dell’internazionalità, con opportunità significative per attrarre un pubblico globale e valorizzare ulteriormente il patrimonio culturale e industriale italiano”. Però, “se ci focalizziamo sulla Toscana – spiega Emanuele di Faustino, responsabile Industria, Retail e Servizi di Nomisma -, anche alla luce della forte vocazione internazionale del suo turismo, i numeri si invertono, perché quasi 6 visitatori su 10 sono proprio stranieri, provenienti soprattutto da Nord America ed Europa”.
Secondo l’Osservatorio, il settore del food&beverage, quello bancario e assicurativo e quello della moda sono i tre ambiti in cui spicca il numero più alto di strutture in Italia dedicate alla valorizzazione della memoria aziendale. Oltre il 90% delle strutture ha effettuato investimenti negli ultimi cinque anni, principalmente in digitalizzazione, restauro, marketing digitale, formazione del personale e miglioramento dell’accessibilità e inclusività. “Si tratta di realtà che hanno un’alta propensione agli investimenti, anche in sostenibilità – dice di Faustino -, e la propensione ad investire su questo elemento è maggiore proprio fra i musei toscani”.
“Un altro elemento che abbiamo indagato – osserva il rappresentante di Nomisma – sono le motivazioni che conducono un’azienda ad aprire un museo o un archivio di impresa. La motivazione guida è la volontà di valorizzare la storia, il know-how aziendale: però attenzione, perché tra gli obiettivi dell’apertura e della fondazione di un museo di archivio di impresa c’è anche quello di valorizzare il territorio in cui l’impresa è presente e opera, e questo legame con il territorio è maggiore fra le aziende toscane”. Per il 2025, Museimpresa e Nomisma si pongono l’obiettivo di misurare l’impatto economico-sociale generato dal turismo industriale.
“Si può copiare tutto, ma non storia e identità”
“La forza delle imprese italiane è coniugare la memoria, la forte consapevolezza della nostra storia, con una spiccata attitudine all’innovazione”, sostiene Antonio Calabrò, presidente di Museimpresa. “Sui mercati globali si può copiare tutto – osserva -, si possono anche aggirare i brevetti. Ma c’è una cosa che non può essere copiata: la storia, l’esperienza, l’identità. La forza delle imprese italiane è lavorare sulla qualità e sui suoi caratteri distintivi: nei nostri musei e archivi storici ci sono testimonianze di questa continua trasformazione. Le imprese italiane hanno dimostrato di saper reggere le sfide del cambiamento e di attraversare una metamorfosi, una transizione che ha a che fare con la sostenibilità ambientale, ma moltissimo con la sostenibilità sociale: è una sfida aperta, ma una sfida obbligatoria rispetto alle nuove generazioni”.