L’idea di partenza è che, senza una programmazione di lungo periodo che garantisca risorse stabili, lo Stato e le Regioni non saranno in grado di assicurare in futuro i servizi sociosanitari. Partendo da questa idea, e dalle difficoltà attuali per far quadrare i conti e far funzionare i servizi, la Giunta regionale toscana ha approvato (nella sua ultima seduta del 28 agosto) una proposta di legge al Parlamento – che ora dovrà essere votata dal Consiglio regionale – che rivede il sostegno finanziario al sistema sanitario nazionale a partire dal 2023.
Quattro miliardi in più all’anno fino al 2027
La proposta di legge rivolta alle Camere, firmata dal presidente Eugenio Giani e dall’assessore Simone Bezzini, è identica a quella varata dalla Regione Emilia-Romagna, considerata utile allo scopo. In pratica a partire dal 2023 e fino al 2027, il finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard, cui concorre lo Stato, sarebbe incrementato su base annua dello 0,21% del Prodotto interno lordo nominale italiano, fino a raggiungere il 7,5% del Pil.
Tradotto in soldoni, si tratterebbe di incrementare il finanziamento del fabbisogno nazionale standard di almeno quattro miliardi all’anno, per arrivare ad avere nel 2027 circa 20,8 miliardi in più (il Pil nominale tendenziale è stimato sopra 1.990 miliardi di euro; il 7,5% significa più di 149 miliardi, mentre il livello attuale di finanziamento del servizio sanitario nazionale per l’anno 2023 è poco meno di 129 miliardi).
Nel 2022 (fonte: Rapporto OsservaSalute) la spesa sanitaria pubblica si è attestata a 131 miliardi (6,8% del Pil), mentre la spesa a carico dei cittadini ha raggiunto circa 39 miliardi (2% del Pil).
Servono più soldi per le case di comunità
La programmazione finanziaria pluriennale di risorse aggiuntive e stabili – si legge nella relazione che accompagna la proposta di legge – servirebbe anche per far fronte anche “ai conseguenti maggiori
costi per la gestione e il funzionamento delle strutture di nuova costruzione (come le case di comunità)” e per superare il vincolo alle assunzioni del personale in sanità previsto dal cosiddetto “decreto Calabria”.
“Un servizio sanitario nazionale sottofinanziato – afferma la Giunta regionale – porterebbe progressivamente ad aumentare la disuguaglianza sociale all’interno della popolazione, dividendo le famiglie tra quelle che riusciranno ad accedere alle cure attingendo anche a risorse finanziarie proprie attraverso l’acquisto di prestazioni dalla sanità privata, da quelle che vi dovranno rinunciare o a causa delle liste di attesa o per impossibilità di carattere economico”.
Silvia Pieraccini