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Industria

24 febbraio 2025

Il calzaturiero toscano perde un quinto dell’export in valore

Confindustria accessori moda rileva un -20,4% per i primi nove mesi del 2024. Oltre 1.100 addetti in meno nel settore.

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Il comparto calzaturiero toscano nei primi nove mesi del 2024 ha registrato a livello di export un calo in valore del -20,4% sullo stesso periodo del 2023. E’ il dato registrato dal Centro studi di Confindustria accessori moda in un ricerca per Assocalzaturifici, presentata in occasione della fiera Micam a Milano. Le prime cinque destinazioni dell’export calzaturiero toscano, che coprono il 58,3% del totale, sono risultate Usa (+15,1%), Francia (+1,8%), Cina (+11%), Paesi Bassi (-4,7%) e Svizzera (-83,1%).

Il numero di imprese attive (fra calzaturifici e produttori di parti) in Toscana ha registrato a fine dicembre 2024, tra industria e artigianato, secondo i dati di Infocamere-Movimprese, un calo di 113 aziende rispetto al consuntivo 2023, accompagnato da un saldo negativo di -1.105 addetti. Per quanto riguarda le ore di cassa integrazione guadagni autorizzate da Inps per le imprese toscane della filiera pelle nell’intero 2024, si registra un aumento del +176,8% rispetto al 2023: sono state autorizzate 8,7 milioni di ore, un numero superiore del +1.351% anche rispetto alla situazione pre-Covid del 2019.

E’ flessione a livello nazionale

Nel complesso, il comparto calzaturiero italiano chiude il 2024 con una flessione dell’export (-8,4% in valore) e del fatturato, che si attesta a 13,21 miliardi di euro (-9,4%, quasi 1,4 miliardi in meno rispetto al 2023). Oltre alla produzione, che rallenta attestandosi a 124,1 milioni di paia (-16,1%), calano gli addetti (-3,8%) e le imprese (-5,5%). A fronte di questo scenario Giovanna Ceolini, presidente di Assocalzaturifici e Micam, auspica che entro il 2025 si possa concretizzare “una ripartenza per le aziende calzaturiere, che rappresentano uno dei settori cruciali per il Made in Italy”.

Il 2024 infatti, secondo Ceolini, “è stato caratterizzato sin dall’inizio dalla contrazione degli ordinativi che, in un clima di incertezza, imputabile a cause esogene tra cui tensioni geopolitiche, nuovo aumento dei costi energetici e rallentamento di importanti economie, ha colpito significativamente anche il lusso. Con ripercussioni sulle lavorazioni per le multinazionali del fashion che producono in Italia, traino della risalita dopo l’emergenza pandemica”. (lt)

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