“Facciamoli appassionare” chiede quasi con disperazione Antonio De Matteis, presidente di Pitti Immagine e ad di Kiton. I soggetti chiamati in causa sono i giovani. I loro volti hanno dominato la platea di Future for Fashion 2024. Arrivavano dalle maggiori scuole di moda fiorentine, dal Polimoda all’Istituto Marangoni. Ma chi sono? Cosa desiderano? E, soprattutto, sono disposti a sporcarsi le mani come invoca appassionato De Matteis? “È una generazione con valori diversi rispetto al passato, hanno un linguaggio più intimo, unico” spiega Massimiliano Giornetti, direttore del Polimoda, struttura che accoglie 2200 studenti provenienti da 70 Paesi diversi. A cosa si appassioneranno questi ragazzi? Al fatto a mano? Davvero l’artigianalità può essere un linguaggio adatto a loro?
Altagamma: “Mancheranno 346mila lavoratori della manifattura”
Di certo lo spera Stefania Lazzaroni, direttrice generale di Altagamma. “Mancano le mani, manca la vocazione verso la manifattura” avverte sconsolata. E spiega che nei prossimi anni non si presenteranno all’appello 346mila figure professionali e solo il 50% potrà essere rimpiazzato. Una vera débacle per il settore. “Per troppo tempo si è demonizzato il lavoro manuale, eppure un artigiano può guadagnare come un impiegato e spesso anche di più”.
La soluzione? Coinvolgere i ragazzi partendo dalle scuole medie, far capire che la manifattura può avere un autentico appeal. “La moda è cultura, il saper fare è cultura, dobbiamo convincere tutti di questo” chiosa Giornetti. “Altrimenti avremo problemi seri per le nostre aziende e per tutta la filiera” sentenzia Attila Kiss del Gruppo Florence. “Ci vuole una campagna europea sull’intelligenza artigianale” dicono all’unisono. Servirà? O il mitico pezzo di carta avrà definitivamente la meglio sull’antica e fondamentale sapienza del lavoro manuale?
“All’Italia manca la coscienza della propria eccellenza” sentenzia Simone Marchetti, direttore di Vanity Fair. Ma se Burberry entra nella manifattura italiana e Mantero, a Prato, da 80 anni ricicla tessuti di assoluta eccellenza, una speranza ci può essere ancora. Basta saperla comunicare a chi la deve fare propria. Non è un caso, allora, che la mostra dei primi 40 anni di D&G si intitoli “Dal cuore alle mani”.
Silvia Gigli