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07 marzo 2022

Banche toscane, nel 2022 continua la ritirata dai territori

In attesa di conoscere il futuro di Banca Mps, continua a calare il numero degli sportelli: oggi sono poco più di 1.600.

Leonardo Testai

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Il primo caso risolto da Fosca Innocenti, la vicequestora interpretata da Vanessa Incontrada nella nuova fiction omonima di Canale 5, è una rapina in banca: una filiale del Credito Toscano, nel pieno centro di Arezzo. Lo hanno visto quasi 4 milioni di telespettatori la sera dell’11 febbraio. Ma diciamolo subito: il Credito Toscano è frutto della fantasia degli sceneggiatori della fiction, e non un nuovo istituto nato da aggregazioni o scissioni riguardanti banche toscane con l’obiettivo di mantenere sul territorio regionale un player del credito. Questo progetto, allo stato attuale, non c’è.

Meno banche toscane, e meno sportelli in regione

Le banche con la propria sede centrale in Toscana sono sempre di meno: Banca Mps – almeno per ora – Cr Volterra e Banca Cambiano 1884, insieme alle due piccole Popolari di Lajatico e Cortona, a Banca Ifigest che è dedicata al segmento Private, e alle 15 Bcc che, tuttavia, afferiscono ai due gruppi cooperativi nazionali (Iccrea e Ccb). E sono sempre di meno anche gli sportelli bancari: dai 1.960 di fine 2018 ai 1.825 di fine 2019, numero che si è ridotto ancora nel 2020 (1.778), e che oggi si è ridotto a 1.630, con un calo nell’ultimo decennio di circa un terzo del totale.

I fattori principali di questo calo sono due. Da un lato, i processi di aggregazione fra istituti di credito e le relative razionalizzazioni delle reti sul territorio, anche per rispettare i parametri dell’Antitrust. Per quanto riguarda le banche toscane è stato il caso, negli ultimi anni, di Intesa Sanpaolo con Ubi (e dunque la ex Banca Etruria), e di Credit Agricole con Carismi; i correntisti di Intesa, peraltro, possono effettuare alcune operazioni di base dai tabaccai aderenti a Banca 5. Ma c’è anche la crescente digitalizzazione del rapporto fra cliente e banca, accelerata dalle limitazioni delle norme anti-Covid.

A fine 2020, secondo la Banca d’Italia, oltre il 70% delle banche operanti in Toscana prevedeva la possibilità di effettuare pagamenti attraverso dispositivi mobili, modalità che nel 2013 riguardava solo il 6%. Nello stesso periodo è cresciuta anche l’incidenza di intermediari che offre la possibilità di effettuare online la gestione del risparmio (circa i due terzi nel 2020 a fronte di poco più della metà nel 2013).

A fare le spese di questi processi, che riguardano le banche toscane ma anche quelle di tutta Italia, sono soprattutto i comuni più piccoli e disagiati. Secondo un recente studio di Irsf Lab e Fisac-Cgil, 21 comuni toscani oggi sono senza uno sportello bancario e senza neppure un punto bancomat. Su 111 comuni toscani classificati come area interna (il 56% del totale), emerge nell’ultimo quinquennio una riduzione del numero degli sportelli (ne sono stati chiusi 69) leggermente superiore alla media toscana.

Per Banca Mps il 2022 è un anno chiave

Con 298 sportelli sul territorio regionale, Banca Mps mantiene la palma di banca più diffusa in Toscana, oltre a essere la più grande fra le banche toscane propriamente dette: ossia, il più grande istituto di credito ad avere qui la propria sede centrale. Questo, in attesa che si completi il processo di risanamento destinato, secondo la visione dell’azionista di controllo (il Tesoro), a preparare la cessione ad un partner solido. Che verosimilmente non sarà Unicredit, dopo il naufragio della trattativa impostata l’estate scorsa, e potrebbe non essere neanche Banco Bpm, per il quale la stessa Unicredit sta valutando la possibilità di un’Opa.

Di certo il Mef spinge per un’accelerazione di questo processo: per questo motivo l’amministratore delegato del Monte Guido Bastianini, scelto all’epoca del Conte 2 e mai in linea con il Ministero nell’epoca di Draghi, è stato sostituito con Luigi Lovaglio. Malgrado l’utile 2021 di 310 milioni di euro, il parametro del cost/income è ancora alto al 72%, e rispetto alle previsioni formulate in sede Ue Mps ha ancora 1.200 dipendenti in più (21.300 in totale). A Lovaglio dunque il compito di gestire almeno 4mila nuovi esuberi, e condurre l’operazione di aumento di capitale da 2,5 miliardi. Le indiscrezioni circa un’entità maggiore della cifra (3,5 miliardi) sono state smentite da Rocca Salimbeni.

Volterra cede il back office, Cambiano ha preso Invest

Il risiko bancario di questo periodo non comprende fra i propri rumours le piccole Popolari di Lajatico e Cortona, che nel 2019 hanno sottoscritto un Memorandum di alleanza, a cui ha fatto seguito un’operazione di reciproco ingresso nel capitale sociale delle due banche (per una quota di circa lo 0,9%). Niente operazioni in vista anche per la Cassa di Risparmio di Volterra, che coi propri 60 sportelli è dopo Mps la banca toscana con la presenza più strutturata sul territorio. Qui la riorganizzazione è tutta interna: il presidente Alberto Mocchi ha comunicato ai sindacati che è in fase di definizione la cessione di ramo d’azienda del back office “ad un partner leader di settore di servizi tecnologici ed amministrativi bancari”, riferiscono First-Cisl, Fisac-Cgil, Fabi e Uilca. Lo stesso Mocchi avrebbe assicurato che saranno salvaguardati i livelli occupazionali sul territorio, in quanto la sede delle lavorazioni sarà mantenuta a Volterra.

Più impegnativa l’operazione condotta in porto lo scorso autunno da Banca Cambiano 1884, che ha incorporato Invest Banca, la piccola banca empolese della galassia Cabel specializzata in servizi di investimento, finita nell’agosto 2020 in amministrazione straordinaria per opera della Banca d’Italia. Un passo che si rese necessario a causa delle pesanti perdite – 18,5 milioni di euro, secondo le voci di allora – subite da alcuni clienti. “Una crisi di governance” dovuta alla “mancata coesione dei soci”, dichiarò Cambiano, azionista di Invest con il 7,22% insieme alla stessa Cabel Holding (19,90%), alla Popolare di Lajatico (7,36%), a quella di Cortona (3,19%), ma anche alle Popolari laziali del Cassinate (17,96%) e del Frusinate (9,95%), e Banca Lazio Nord (9,50%).

Banche toscane di credito cooperativo, stop aggregazioni

Entrambi i gruppi nazionali del credito cooperativo sono presenti in Toscana. La Bcc di Castagneto Carducci è l’unica aderente al gruppo Cassa Centrale Banca, mentre le 14 banche della Federazione Toscana delle Bcc aderiscono al gruppo Iccrea. Un numero che sembra destinato a rimanere tale per diverso tempo, dopo l’aggregazione riuscita fra Banca Tema e Banca Valdichiana, e quella naufragata fra Banco Fiorentino e Banca Alta Toscana – entrambe, peraltro, frutto di precedenti fusioni.

“Credo che, più che parlare di aggregazioni, ormai il mondo sia cambiato”, ha affermato un po’ a sorpresa Matteo Spanò, presidente della Federazione, nei giorni scorsi. “La nuova normativa sulle banche di Credito Cooperativo ha previsto la creazione di gruppi bancari cooperativi – ha ricordato – in cui più banche, che sono le proprietarie dello stesso gruppo, lavorano insieme. In Toscana le Bcc associate alla Federazione Toscana fanno tutte parte dello stesso gruppo. Siamo già un grande gruppo, una grande banca che può servire i suoi territori”.

Dunque sì alle fusioni se in qualche modo “imposte” da situazioni di difficoltà di un singolo istituto, ma probabilmente niente più aggregazioni fra banche di dimensioni rilevanti coi bilanci in ordine, come appunto Banco Fiorentino e Banca Alta Toscana. Quest’ultima, visitata con soddisfazione dal presidente di Iccrea, Giuseppe Maino: “Abbiamo un gran bisogno di banche così, perché è su questi istituti che cementa il futuro del credito cooperativo”, ha dichiarato, definendo Bat “una banca estremamente importante, con numeri positivi che la classificano al vertice dell’intero gruppo Iccrea”.

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