Un utile 2023 stimato ormai oltre il miliardo di euro, un terzo trimestre migliore delle attese degli analisti (310 milioni contro 238 mln), rischi legali in calo e il ritorno al dividendo più vicino: Banca Mps, con il rendiconto al 30 settembre dell’anno, beneficiando del contesto finanziario macro e degli effetti del piano di ristrutturazione si avvicina con una certa brillantezza al fatidico 2024 in cui – secondo le ultime conferme arrivate nelle scorse settimane dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti – il Tesoro uscirà dal capitale, propiziando le nozze con un nuovo partner.
Il Monte ha chiuso i primi nove mesi dell’anno con un utile netto di 929 milioni di euro, a fronte di una perdita di 334 milioni nello stesso periodo del 2022. I ricavi sono saliti del 22,9% a 2,8 miliardi, spinti dal margine di interesse (+62,7% a 1.687,9 milioni) mentre in parallelo sono scesi del 15,2% i costi operativi e del 4,1% le rettifiche su crediti. Il rapporto cost-income scende al 48%, in ulteriore riduzione rispetto al semestre e ben oltre l’obiettivo di piano al 2026. La raccolta commerciale totale, diretta e indiretta, cresce da inizio anno del +2,9%. Lo stock di crediti deteriorati lordi pro forma si mantiene stabile nel trimestre a 3,4 miliardi, con una percentuale lorda di deteriorati proforma al 4,1% (4,2% a fine 2022) e un dato netto proforma al 2,2% (2,2% a fine 2022). Il tasso di copertura complessiva proforma dei crediti deteriorati è pari al 49,1%, in crescita di 100 punti base rispetto a fine 2022. Il Cet 1 fully loaded è salito al 16,7%, in crescita di oltre 80 punti base trimestre su trimestre.
“Siamo tra le migliori banche italiane”
Con questi numeri, l’amministratore delegato Luigi Lovaglio può dire che Mps è “tra le migliori banche nel panorama italiano, in grado di essere redditizia in maniera sostenibile e di generare capitale trimestre su trimestre”, con “200 punti base di capitale generato negli ultimi sei mesi”, e quindi confermando l’intenzione “di anticipare il dividendo con l’utile del 2024”, anche se si attende la conclusione dell’esercizio 2023 per “ottimizzare” la politica dei dividendi “considerando che ci potrebbero essere delle evoluzioni positive che potrebbero sostenere i risultati della banca”.
Già ora Mps ha aggiornato al rialzo la guidance sull’utile del 2023, che adesso viene stimato sopra gli 1,1 miliardi di euro, con un Cet1 ratio atteso sopra il 17%. “La nostra guidance potrebbe apparire conservativa ma siamo certi che sia raggiungibile”, osserva Lovaglio, secondo il quale “non sappiamo ancora quale sarà l’evoluzione dei contratti di lavoro”, in fase di rinegoziazione, “e il livello dei costi legati al personale”. Di certo il Monte – pur essendo controllato dal Mef – non pagherà la tassa sugli extraprofitti istituita dal Governo, mettendo invece a riserva un importo non inferiore a 312,7 milioni di euro, pari a 2,5 volte l’ammontare dell’imposta.
Le assoluzioni sgonfiano i rischi legali
A seguito della sentenza della Cassazione che ha assolto gli ex vertici Giuseppe Mussari e Antonio Vigni nel processo sui derivati, Mps ha declassato da “possibile” a “remoto” il rischio relativo ad alcuni procedimenti legali e richieste stragiudiziali. Di conseguenza, spiega Rocca Salimbeni, l’ammontare complessivo di contenzioso e richieste stragiudiziali per le informazioni finanziarie diffuse nel periodo 2008-2015 si è ridotto da 4,1 a 2,9 miliardi. E la sentenza di appello del processo sui derivati Mps che vede imputati Alessandro Profumo e Fabrizio Viola, in caso di assoluzione, potrebbe “tradursi in un vantaggio economico per la banca”, secondo Lovaglio, con ulteriore riduzione dei rischi legali.
Leonardo Testai