di Maurizio Bigazzi, presidente di Confindustria Toscana
Stiamo vivendo ore difficili; di grande preoccupazione, che seguono un periodo estremamente complesso.
La pandemia che ha messo duramente alla prova la tenuta del sistema sanitario e di quello economico è stata la prima grande tempesta che ha sferzato le nostre imprese. Tuttavia, nel 2021 stavamo intravedendo primi segnali incoraggianti, con l’Europa che ha varato uno dei programmi di ripresa più ambiziosi e consistenti della storia, era tornata rapidamente la fiducia e abbiamo recuperato a ritmi insperati, con la Toscana, in particolare, capace di crescere sopra ogni aspettativa, grazie al nostro manifatturiero e alla sua capacità di espandersi sui mercati internazionali. Infatti, dopo aver perso il 12% del nostro Pil nel 2020, più della media nazionale, nello scorso anno la Toscana post pandemia, aveva visto ripartire produzione e fatturati.
La demografia d’impresa era tornata ad essere vivace e aveva fatto registrare il tasso di crescita delle imprese più elevato degli ultimi dieci anni. E le prospettive sui primi mesi dell’anno erano positive; oltre la metà delle imprese prevedeva un fatturato in aumento e il mantenimento del livello degli investimenti. Era poi ripartita anche la Toscana internazionale sulla spinta dalla domanda estera e complessivamente l’export manifatturiero, nei primi nove mesi dell’anno, era cresciuto quasi il 10% rispetto al 2019.
Ma già alla fine del 2021 la ripresa ha iniziato a rallentare a causa dei forti incrementi dei costi energetici e delle materie prime e sussidiarie; e sulla nostra economia si è abbattuta una tempesta perfetta, con molti settori – soprattutto quelli energivori, pensiamo al vetro e alla carta ma non solo -che hanno subito importanti battute di arresto.
Ma non era ancora tutto; perché a rafforzare lo tsunami energetico è arrivato il fuoco della guerra. Umanitario, prima di tutto ma anche economico: una pesante ombra sulla ripresa tanto auspicata. E non tanto per il valore delle nostre esportazioni verso la Russia, che è di 426milioni di euro, ma perché alcuni comparti come la moda e la meccanica sono particolarmente esposti; e perché in generale è tutta l’industria toscana a rischiare una brusca frenata dovuta essenzialmente alle difficoltà di approvvigionamento e ai costi delle materie prime e dell’energia che stanno ulteriormente lievitando.
Rincari e difficoltà, che già da mesi pesano sui costi operativi e sui margini delle nostre imprese e ne minacciano in alcuni casi la sopravvivenza e che in queste ore di conflitto si stanno ulteriormente complicando con l’impennata dei prezzi di gas e petrolio, ma anche del grano che ha raggiunto i massimi degli ultimi nove anni. Questo significa che dobbiamo prepararci a un carrello della spesa più pesante, a un possibile calo dei consumi delle famiglie e ad una riduzione di competitività delle nostre produzioni.
In questa fase in cui lo scenario è nuovamente peggiorato, chiediamo una volta di più attenzione al motore produttivo del paese. Da queste crisi, infatti, dobbiamo trarre alcune lezioni importanti: innanzi tutto abbandonare pregiudizi ideologici e arrivare finalmente a definire un piano di politica energetica nazionale all’altezza della seconda manifattura d’Europa, che punti a sfruttare le risorse presenti sul nostro territorio, a una diversificazione delle fonti e a potenziare le energie rinnovabili; su queste, poi, anche a livello regionale e locale, dobbiamo individuare processi autorizzativi più snelli e veloci per sostenere le imprese che vogliono investire, a partire dalla grande opportunità per la Toscana rappresentata dalla geotermia. D’altra parte, è paradossale che ci sia voluta una guerra per spingere con decisione su un nuovo piano energetico nazionale, di cui avevamo bisogno da decenni.
La stessa cosa vale per la nostra Regione, sia sull’energia che, ad esempio, sul piano rifiuti. Abbiamo di recente presentato insieme a Cispel Toscana uno studio sulla gestione dei rifiuti urbani e speciali. L’indagine ci conferma che, se nei prossimi anni non programmeremo e realizzeremo gli impianti necessari all’autosufficienza del nostro territorio, continueremo ad avere un trend di incremento dei costi per famiglie ed imprese. I costi del non fare e delle scelte non prese, soffocano la ripresa dell’economia e non possiamo più permettercelo; di fronte ad una congiuntura così complessa, dobbiamo urgentemente sciogliere i nodi strutturali che da troppi anni rallentano la nostra crescita.