Contributo dell’avvocato Andrea Del Re, dello Studio Legale Del Re
Una nuova direttiva europea (2023/970; e gli Stati membri hanno tempo fino al Giugno 2026 per attuarla) rafforza l’attuazione del principio di parità di retribuzione tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore. La disposizione poggia sulla trasparenza retributiva e si applica a tutti i lavoratori dipendenti privati e pubblici. Secondo la fonte europea, “lavoro di pari valore” è quello ritenuto tale “secondo criteri non discriminatori, oggettivi e neutri sotto il profilo del genere”. Questi criteri includono “le competenze, l’impegno, le responsabilità e le condizioni di lavoro”.
Non è impedito di retribuire in modo diverso lavoratori e lavoratrici che svolgono lo stesso lavoro o di pari valore, ma il punto dirimente è che le differenze dovranno essere ancorate a criteri oggettivi e neutri dal punto di vista del genere, in trasparenza.
I lavoratori candidati a un impiego avranno diritto di ricevere informazioni in modo trasparente sulla retribuzione iniziale o sulla relativa fascia da attribuire alla propria posizione sulla base di criteri oggettivi (nel concetto di retribuzione sono comprese la retribuzione base e le componenti accessorie che i lavoratori ricevono dal datore di lavoro). Ai datori di lavoro non sarà consentito di chiedere ai candidati informazioni sulle retribuzioni percepite nei precedenti lavori. I lavoratori potranno, invece, informarsi su i livelli retribuitivi dei dipendenti che svolgono lo stesso lavoro o uno di pari valore. La trasparenza dovrà essere garantita in fase pre-assuntiva, con la pubblicazione di annunci di lavoro nei quali siano inserite le informazioni sulla retribuzione e sui titoli richiesti.
Per i datori di lavoro che occupino tra i 100 e i 250 dipendenti, a decorrere dal Giugno 2027, sono previsti obblighi di informazione e di elaborazione di report dettagliati per quanto riguarda il divario retributivo di genere all’interno della propria organizzazione aziendale. Qualora dall’analisi dei report, dovesse emergere un divario retributivo tra lavoratori di sesso maschile e femminile pari o superiore al 5%, i datori di lavoro che non siano in grado di giustificare tali misure in base a criteri oggettivi e neutri dal punto di vista del genere, dovranno rimediare alla situazione con la collaborazione dei rappresentanti dei lavoratori, l’Ispettorato del lavoro, gli organismi di parità.
Se i lavoratori si riterranno lesi dal mancato rispetto del principio di parità di genere per motivi di discriminazione diretta o indiretta, saranno i datori di lavoro, in virtù del principio dell’inversione dell’onere della prova, a dovere dimostrare la non configurabilità della lamentata discriminazione, pena l’applicazione di sanzioni. Al riconoscimento di avere subito una discriminazione retributiva, i lavoratori potranno ottenere un risarcimento anche comprensivo del “recupero integrale delle retribuzioni arretrate o dei relativi bonus o pagamenti in matura”.
L’avvocato Andrea Del Re è fondatore dello Studio Legale Del Re, Firenze-Milano www.delre.it